Il velino ci porta su un tema fuori dalle cronache dei giornali di questi giorni di finanziaria. La situazione in Palestina, dopo l’annuncio giorni fa, di un possibile incontro tra il premier Olmert e il presidente dell’Olp Abu Mazen, è gravemente precipitata per un irrigidirsi delle posizioni di Hamas. Come era prevedibile c’è stato il temuto effetto a catena della guerra in Libano.
Hamas, sta facendo la voce grossa dopo le recenti non brillanti performance dell’esercito israeliano in Libano, ed è per questo che sta tirando più del dovuto la corda. Hezbollah, agli occhi della brigate Al-Qassan, braccio armato di Hamas, rappresentano un modello da seguire per imbastire una somossa in Cisgiordania, dopo lo sgombero in buona parte della Striscia di Gaza. Il solo ostacolo ad Hamas per ora è interno.
Infatti in Cisgiordania, soprattutto nella zona di Hebron e Jericho da farla da padrone sono gli uomini di Al-Fatah. Proprio le brigate dei martiri di Al-Aqsa, braccio armato del partito vicino al presidente, fatalmente tengono viva la speranza che in Palestina non si cadi nell’più assoluto odio verso Israele.
Forse, il governo, in un ruolo chiave come quello geo-politico ha preferito optare per una soluzione “forte”, fiera della visione del”grande Israele”.
Olmert ha poco tempo per vedere cosa fare. Il radicalismo giganteggia in terra santa e di certo i continui proclami “atomici” di Ahmadinejad non aiutano.
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