giovedì, ottobre 26, 2006

Ds furiosi con Prodi

Prodi è permaloso. D’Alema lo esplicita chiaramente. Fassino cerca, per ora, di tamponare l’insofferenza diessina verso il professore. In questi giorni di fuoco per una finanziaria ancora ostaggio di veti incrociati nella maggioranza, sembra svanire quel rapporto idilliaco instauratosi in questi ultimi mesi (anni) tra Romano Prodi e i Ds.

Tutti ricordiamo, nel punto più alto dell’alleanza tra i post-comunisti e l’ex manager dell’Iri, quando prima delle elezioni politiche di Aprile , Prodi rispondeva così a chi gli chiedeva chi avrebbe lui stesso votato : “Non lo so. Decido il partito in base a un calcolo squisitamente politico”. Segno evidente questo, di un malessere che a quel tempo albeggiava tra l’attuale premier e il suo partito di origine, in polemica col trio Rutelli-De Mita-Marini. Ora la situazione è cambiata radicalmente.

Non è tanto il rapporto con i singoli esponenti del partito diessino che preme rilevare, non a caso in questi anni i colloqui “sereni” con D’Alema si contano su una mano, ma una situazione divenuta afosa in merito a obbiettivi partitici e programmi di Governo.

Partito Democratico.

Il punto è chiaro a tutti : il problema si gioca in Europa. Gli esponenti diessini è da mesi che ripetono che un’eventuale unione con la Margherita e le altre forze riformiste si può fare solo se in un contorno socialista. Ovvero, o in un approdo degli altri partiti del futuro Pd dentro il Pse, oppure nella formazione di un nuovo gruppo che comprenda sia i gruppi del partito liberal-democratico, sia gli esponenti del Pse. A parte la difficoltà a trovare un approdo univoco anche per quanto riguarda i singoli partiti negli altri Stati nazionali, il problema vero è che pezzi della Margherita, e la sinistra Ds, per motivi opposti, sono nettamente contrari a una formazione di questo tipo. In questo caso prevalgono infatti gli interessi personali e delle singole componenti su quello comune del Pd. In tutto questo, il malumore diessino nasce forse da un’eccesso di delega a Romano Prodi, incapace, per ora, di gestire la situazione da vero statista, e relegato al ruolo fino ad ora, di moderatore. Dovendo trovare un punto d’incontro tra le richieste della base, non disposte per ora a perdere i connotati social-democratici, e le esigenze politiche che dovrebbe portare a uno sbocco unitario, i Ds sono tentati di riprendersi la delega data al premier, senza garanzie però. Come reagirà Prodi?

Programma di Governo.

La partita forse è qui più complessa che quella del punto precedente. All’interno del Governo e della maggioranza parlamentare sembra aver preso vigore un’inedita alleanza sinistra radicale-Prodi- Padoa Schioppa che mette ovviamente in secondo piano i Ds. La Finanziaria, dopo un DPEF per certi aspetti positivo, è tornata ad essere impregnata di lacci e lacciuoli burocratici, spese e tasse a non finire. Segno che il profilo iniziale riformistico è stato abbandonato in nome della “conservazione”. Grande regista ovviamente Bertinotti che vanta un rapporto con il Professore indubbiamente ottimo. Ieri per l’ennesima volta è stata la volta della vice-capogruppo alla Camera, Marina Sereni (Ds), a ricevere un altro smacco dal Governo ( Prodi). La proposta, per altro concordata, si sussurra, con la Cgil, di aumentare l’aliquota per i redditi sopra ai 150000 euro al 45%, è stata bocciata dal ministero dell’Economia, facendo digerire un altro boccone amaro a Piero Fassino.

In questi giorni poi, le voci più critiche alla Finanziaria, sono tutte di marca Ds: Bersani la definisce “non coraggiosa”. Nicola Rossi, si chiede se “esiste ancora una sinistra liberale nel Paese”. Enrico Morando, presidente della commissione Bilancio al Senato, dice di “smetterla di puntare sulle tasse”.

Insomma, Prodi sembra, per ora lasciare da parte le istanze degli esponenti più fieramente riformisti, preferendo una strada, sicuramente meno “pericolosa” per il consenso politico, anche se sono di questi giorni i sondaggi di opinione che vogliono una Cdl in vantaggio di 10-15 % rispetto all’Unione.

Cosa fara Prodi?

Ieri Prodi si è lamentato che non “può essere il premier per tutte le stagioni”. Sintomo evidente di un malessere che regna nel Governo, ma che soprattutto sottolinea come il premier sia stufo di ricevere punzecchiature da tutte le componenti della maggioranza. Dietro il “tutte le stagioni” si intravede bene però un chiaro messaggio politico, anche in questo caso rivolto ai Ds. Sono loro gli scontenti, tanto è vero che anche la voce istituzionale per eccellenza dei Ds, il presidente della repubblica Giorgio Napolitano, ha auspicato un “impegno comune” in nome di scelte coraggiose. Si profilano le breve periodo due linee : quella oltranzista e decisa allo scontro del ministro degli esteri Massimo D’Alema, e quella dei tessitori, capitanati dal segretario Ds, Fassino. Per ora sembra comunque prevalere la seconda linea, ma fino a quando i Ds saranno capaci di subire le gaffe del Professore?

5 commenti:

Riccardo Gallottini ha detto...

Monica, x me invece tengono..vince Fassino..:-))) "il potere logora chi l'ha, ma senza è peggio..:-)))

Simo ha detto...

Bel post. Ti linko.
Un solo appunto: fin dal giorno dopo le elezioni si sapeva che Prodi sarebbe stato ostaggio della sinistra radicale a discapito dei Ds e dei riformisti.
Concordo sul fatto che alla fine prevarrà la linea Fassino.

@ Monica: Non so quanto possa durare un governo "pseudoistituzionale". Già sono bolliti, se cambiano un altra volta cavallo in corsa rischiano la batosta definitiva alla prima elezione. L'elettore medio del csx è coglione ma il politico un po' di sale in zucca ce l'ha. per lo meno dovrebbe.

Riccardo Gallottini ha detto...

Si infatti. il problema che l'unico a non saperlo era Prodi

Anonimo ha detto...

Bel post. Concordo su tutto.Dici che Prodi cadrà?

Riccardo Gallottini ha detto...

Monica se il Governo cade, vedrai che di addi e titubanze non si parlerebbe. Le larghe intese lasciamole in Germania per favore.