domenica, dicembre 24, 2006

E' nato chi??


Insomma, dico io, ormai il Natale inteso come attesa della nascita di Gesù, per la maggior parte degli italiani non esiste più (rima). Il periodo natalizio è diventato semmai un piacevolissimo arco temporale all'interno del quale si verificano alcune situazioni o si attuano alcuni comportamenti del tutto estranei al resto dell'anno. Innanzitutto l'atmosfera dei paesi e delle città subisce un gradevole ritocco luminoso. Fili di qua, fili di là, lampadine, babbi natali orrendamente appesi sui balconi, alberi esterni addobbati in maniera ostile al buon gusto. Davvero molto bello, almeno di sera, quando le orrende prolunghe, e gli immensi aggromitolamenti di fili neri vengono nascosti dal buio.

E che dire delle cianfrusaglie appese alla porta di casa? Delle biro in ufficio a forma di albero di natale?

L'atmosfera non è solo luccichii vari, ma comprende anche molte altre cose. Nelle radio dopo le solite canzoni (non hanno il coraggio di variare di molto altrimenti lo sponsor non paga!!) c'è sempre un motivetto natalizio a ricordarci il lieto evento. le campanine della sigla alla radio sono dei memorandum radiofonici che ci ricordano che Natale sta arrivando e dobbiamo correre a comprare i regali per chi ci è vicino.

E' moda, è tradizione, è un modo per non affrontare la riflessione che il Natale dovrebbe insegnarci, riproporci annualmente sotto forma di ricorrenza. Questa tradizione è stata assediata dal Consuming, clonata, squarciata nelle sue fondamenta. L'uomo oggi, o meglio, il consumatore oggi non ha tempo di fermarsi a pensare. Se si ferma un pò è per ingozzarsi di cotechino o zampone per poi tornare a correre (magari al cinema). La riflessione Cristiana dell'avvento si è persa nella nostra pigrizia sentimentale, nel nostro superficialismo moderno, nel nostro essere materialisticamente egoisti.

Ma, diceva un tale, bisogna sapersi accontentare. Un briciolo di significato, è rimasto. E allora accontentiamoci delle briciole.

Buon Natale a tutti, anche a Dreyfus

lunedì, dicembre 11, 2006

un democristiano è una puttana?


Stamattina, mentre bevevo il caffè (amaro), mi è capitato di imbattermi nelle immagini del canale La 7 che trasmetteva un dibattito sui pacs, nel quale partecipava anche Mastella.
Si trascorreva del più e del meno con la solita dose di demagogia e con quel pizzico di arzigogoli in più che non fanno capire un bitolo. Nulla di strano.

Ma mi è balenata in testa una strana domanda. Un democristiano è (politicamente) una puttana?

Non vorrei sembrare offensivo, ma penso che non sia facile dare una risposta.

Diciamo che quando chiedono, vogliono sempre indietro, se non dei soldi almeno dei favori politici. E in quanto a clienti, penso proprio che siano delle "Bocca di rosa" davvero professionali infatti non ho mai visto un democristiano fare qualche discriminazione, o rifiutare qualche cliente. Comunisti, fascisti, verdi, vanno bene tutti, basta che paghino....

Quando la finiranno di nascondersi dietro quel muro ammuffito di falsa moderazione, di politichese trasversale, di facili e insignificanti frasi inconcludenti prive di senso pratico.

Cito Battisti " Troppo spesso la saggezza è la prudenza più stagnante".

Sfogo di un elettore dubbioso

sabato, dicembre 09, 2006

l'intollerabile ambiguità dell'UE

Qualche giorno fà pensavo, tra me e me, che forse in un futuro non tanto lontano, la reputazione dell' Ue si sarebbe ripresa. Ero un povero illuso. Mentre nutrivo segretamente questa speranza, alimentandola di bugie, non mi rendevo conto dell'inesorabile realtà. Sì, è vero la criticavo continuamente, ma ero profondamente convinto di porre in essere critiche costruttive. Ingenuo.

Non mi sono mai avvicinato cosi tanto all'ideologia di Bossi & Co, soprattutto riguardo l'aspetto Anti-europeista, ma non mi sento affatto a disagio. A costo di semplificare la retorica, la realtà, e tante altre cose. Mi si offenda pure, lanciatemi la pietra sinistroide dell'ignoranza sulla capa. Non importa.

Preferisco votare Borghezio, piuttosto che sostenere un'Ue grassa, sprecona, inutile alla maggior parte dei suoi cittadini, con un'esercito di boiardi ringalluzziti dalle loro posizioni iper-protette. Crociati e paladini di interessi economici, filosofi del politically correct, avanguardisti dell'ultim'ora sempre chini di fronte all'arroganza musulmana.
Urlano e si strappano i capelli di fronte ad un bambino palestinese barbaramente ucciso, ma non muovono un capello di fronte ai milioni di cristiani trucidati in tutto il mondo.
Piogge di aiuti arrivano ad Hamas, dai nostri comuni, dalle nostre istituzioni. Poi non si chiedono come fanno ad avere un mare di missili qassam, e al tempo stesso la gente che muore di fame per strada.

L'Unione Europea, che farsa mondiale, che bugia internazionale, che rigurgito burocratico di interessi plurimilionari.

Rivoglio la Lira.

l

domenica, novembre 19, 2006

Partita con Pyongyang aperta

Dopo l'incontro svoltosi ad Hanoi fra George Bush e il collega sudcoreano Roh Moo-Hyung, i due Paesi hanno ribadito l'inaccettabilità dell'atomica nordcoreana e la necessità di giungere con il dialogo a una rinuncia di Pyongyang in proposito. Questo è il succo della spedizione americana in Vietnam, e questo è il compromesso raggiunto con i cugini “amici” della Corea del Sud. Successo parziale per l’amministrazione Bush, in quanto i risultati ottenuti sono molto politici ma concretamente abbastanza scarni. Seul è d’accordo sulla linea dell’Amministrazione Bush. Di questi tempi, di rivoluzioni elettorali, è pur sempre un fatto che una pedina importante come quella sudcoreana, non si distacchi di molto dagli interessi geopolitici statunitensi. Ampiamente preventivabili erano inoltre le dure critiche rivolte da Roh Moo-Hyung al regime di Pyongyang, tacciando come “intollerabile” l’eventuale uso nucleare da parte del regime. Concretamente però Bush ha dovuto registrare anche alcune obiezioni da un vertice importante come quello di Hanoi.

Il presidente Roh ha detto che la Corea del Sud non prenderà parte nè alla risoluzione 1718 dell'Onu nè integralmente alla Proliferation Security Initiative (Psi), che prevede l'intercettazione di navi da carico provenienti dalla Corea del Nord per accertare che esse non trasportino combustibili o tecnologie nucleari: questo, nonostante Seul ne sostenga i principi e gli obiettivi e intenda collaborare a pieno per prevenire la proliferazione di armi di distruzione di massa. Bush, da parte sua, ha ripetuto che, se il regime di Pyongyang rinuncerà all'atomica, gli Stati Uniti sono pronti a concludere accordi di sicurezza con la Corea del Nord e a prevedere ulteriori incentivi umanitari ed economici per il popolo nordcoreano. Seul e Pechino, nel lungo periodo, sono gli attori più importanti di una partita complessa come quella dell’estremo oriente, che di riflesso può condizionare anche paesi come l’India e il Giappone.

Se nel breve è auspicabile un ruolo di mediatore da parte della Cina tra gli Usa e la Corea del Nord, obbiettivo di Washington è sfruttare questo come deterrente per un’eventuale scatto deciso di Pechino verso l’altro gigante asiatico :l’India. Mantenere i rapporti con il “dragone” per gli Stati Uniti è vitale: come Nixon seppe sfruttare la sua posizione con la Cina, in contrasto alla Russia, così oggi diventa significativo cercare di “tollerare” certe posizioni della Cina per fare si che non tenti un aggancio diretto con l’India in funzione prettamente antiamericana. Per questo diventa fondamentale il ruolo di mediatore che Pechino potrebbe svolgere egregiamente nella partita “ Corea del Nord”.

Seppur come dicevamo prima, Hanoi ha rappresentato per Bush un bicchiere mezzopieno ( o mezzovuoto a seconda dei casi), si è registrato comunque un cambiamento di rotta rispetto alle ultime frasi registrate dall’Amministrazione verso Pyongyang. Anche se le politiche di “regime change” con il regime non sono mai state all’insegna delle dichiarazioni ufficiali, qualcosa è cambiato dopo le recenti elezioni elettorali. Il dialogo, rispolverato più volte davanti al collega sudcoreano, testimonia la volontà di fare rientrare nei ranghi Pyongyang, con una visione realisticamente più praticabile in Oriente. Lo spingersi addirittura fino agli incentivi umanitari per la popolazione nordcoreana, rappresenta un passo avanti per l’Amministrazione Bush, e non potrà lasciare indifferente il regime come quello nordcoreano, dove la popolazione è allo stremo e ridotta quasi interamente alla povertà. Con i problemi dell’Iraq, e la corda tesa sia in Libano che in Palestina, l’Amministrazione non può permettersi grandi azzardi in avanti, e per forza il gioco di rimessa diventa fondamentale contro un regime che alla prova dei fatti fino ad ora ha ottenuto solo un po’ di visibilità in più, tra test atomici molto opinabili e un peso politico nella regione ancora basso rispetto alle “presunte” capacità militari.

In definitiva, se vogliamo rappresentare il fronte mediorientale come unico, l’obbiettivo a medio termine degli Stati Uniti è continuare la politica estera perseguita fino ad ora nell’area, pur con inevitabili aggiustamenti dovuti alle circostanze e alle difficoltà registrate.

Nei confronti di Pyongyang e di tutta l’area invece il metro usato potrebbe essere una via tutta diplomatica, per non aprire un altro fronte, sia dal punto di vista politico, sia verso l’opinione pubblica. Attendiamo gli sviluppi per vedere quali saranno i risultati raggiunti.


sabato, novembre 18, 2006

Brutto momento per il Cavaliere



Il momento politico che sta passando è uno dei più delicati, oltre che uno dei più difficili.

Le incomprensioni sottocutanee (con qualche sporgenza esterna che raffiora in alcune interviste personali) provocano sempre più pruriti alla vecchia e dura (ma curatissima) pellaccia di Silvio.

Alleanza Nazionale è alle prese con il broncio di Fini nei confronti di Storace. La Lega brandisce la spada del Verbo Offensivo davanti alle folle impaurite dai vampiri sinistroidi, ma dietro il baldacchino porge l'orecchio in attesa di qualche proposta che porti alle cosiddette "larghe intese". Le quali, rappresentano soltanto un misero espediente per sopperire all'incapacità della maggioranza di trattare una manovra davvero molto complicata, al contempo però servono ad accendere liti interne all'opposizione, a sfaldarne le già pericolanti fondamenta.
L'Udc, intanto, rimane fedele al suo animo doppio-giochista. Lancia bordate alla manovra finanziaria di Prodi, ma non manca di entrare a piedi uniti addosso a Forza Italia, criticandone le manovre interne, in maniera alquanto viscida.
In questo quadretto tragicomico, il vero protagonista è ancora lui, il Cavaliere. Indebolito, senza più spada nè scudo, ha ormai fallito la spallata decisiva che poteva rifilare al governo Prodi. Così facendo, gli alleati se ne stanno a bisticciare, e piano piano iniziano ad allontanarsi, a bisbigliare sul successore. Quasi fosse un vecchio monarca senza più regno, ancora forte del suo successo popolare. Dall'altra parte, invece, Prodi sta riuscendo nell'impossibile impresa di tamponare le immense lacune della manovra, ricomponendo la squadra di governo e il consenso intorno ad essa.

I giochini del teatrino politico sono sempre più in grado di stupire lo spettatore-cittadino-elettore ormai completamente sconcertato e avvilito. Cosa ci dovremo attendere da questi mesi? Le ipotesi sono tante, anche se, data la situazione, al Cavaliere "non rimane che aspettare la pioggia per non piangere da solo", sperando di non sprecare più opportunità decisive come quella appena passata.

-L-

venerdì, novembre 17, 2006

Lutto nel blog, muore Friedman


Oggi, 17 novembre dobbiamo registrare la perdita di un grande economista. Addio Milton.

mercoledì, novembre 15, 2006

Prodi scarica le tasse sui Comuni

Accolte le richieste degli enti locali. La Camera ha confermato il provvedimento messo a punto dal Governo, che da la possibilità ai Comuni di alzare l’addizionale Irpef dallo 0.5% allo 0.8%.

Dopo mille proteste per i presunti tagli di spesa perpetrati ai danni di regioni e comuni, il governo “cede” dando la possibilità di tassare ulteriormente il contribuente, con rialzi possibili addirittura fino a 200 euro il alcune regioni come la Sicilia.

Il ragionamento del governo è facilmente intuibile. L’obbiettivo dichiarato di Padoa Schioppa è la differenza tra la concessione data agli enti locali di alzare le entrate e il “buon senso” dei enti stessi. L’esecutivo si affida infatti alle mani dei sindaci, che secondo loro, ben consci che un aumento delle tasse non può che andare contro i cittadini, sicuramente si preoccuperanno più di ridurre la spesa, anche in settori chiave come i servizi pubblici locali. Chiaramente un’utopia perché indipendentemente dal colore politico dell’amministrazione locale, nessun sindaco sarà portato a fare un danno ai cittadini, che percepirebbero un taglio ai servizi pubblici come una mossa politica e poco digeribile dal proprio elettorato. Inolte i prossimi due anni saranno caratterizzati da due tornate di elezioni amministrative, e difficilmente i comuni per guadagnare consenso andranno nella direzione auspicata dall’esecutivo.

In tutto questo c’è da aggiungere che probabilmente, e come al solito, sarà il cittadino a rimetterci. Eventuali aumenti dell’addizionale Irpef infatti saranno giustificati con maggiori servizi, che immancabilmente non ci saranno, o si presenteranno come mal gestiti e inefficienti. Credere nel “buon senso” dei comuni, inoltre, per il Governo significa cercare di tamponare le molte critiche piovutegli addosso in questi giorni. Accollando la possibilità di aumento di tasse sugli enti locali, l’esecutivo compie una sorta di scarica barile, che per ora sembra non preoccupare più di tanto i sindaci. E’ noto infatti, che nelle realtà locali risulta molto più semplice giustificare nuove imposizioni, per il semplice fatto che il contatto con i contribuenti è più vicino e diretto. Molto probabilmente tale imposta per ora passerà inosservata, vista , come già detto, la precisa strategia politica governativa. Pare però che, come notano i responsabili fiscali della Uil, l’aumento medio per i cittadini varierà da regione a regione ma che sarà all’incirca di 48 euro l’anno a contribuente. Niente male insomma, considerando come detto prima, eventuali “punte” in certe regioni.

In definitiva il piccolo aumento dell’addizionale Irpef, anche se passato un po’ sottobanco, può pesare nelle tasche dei cittadini molto più di eventuali aumenti del bollo auto, o continui tira e molla sui ticket sanitari. Si attendono con ansia ora eventuali proteste dei sindacati e qualche contrappunto di sindaci meritevoli.

venerdì, novembre 10, 2006

Nancy, George e il futuro


L'animo oppresso da un'ondata di sconforto raffiorava dagli occhi di Bush. Stava seduto sulla sedia, con la schiena dritta (livida,dopo le bastonate elettorali), costretto a complimentarsi con Nancy Pelosi per la carica raggiunta (speaker alla camera), soggetto che gli procurerà non pochi pruriti in questi ultimi due anni. Frasi di rito, anche se leggermente più cordiali del previsto. Frasi pronunciate a bocca stretta, doverosamente cariche di rispetto. L'incontro ha dato la possibilità ai cronisti di constatare come almeno in partenza, le posizioni repubblicane (piegate e costrette a trattare) non siano poi così distanti dalle posizioni democratiche, rappresentate, ieri, dall'elegante quanto fiero sorriso della Pelosi.
Purtroppo, sui giornali si iniziano a leggere numerosi interventi di esponenti del partito dell'asinello. Proposte future, critiche immediate. Con la bava alla bocca, pregustando già le presidenziali del 2008, pianificano, elaborano, scrutano.
Robert Wescott, sul Corriere di oggi, mette sul tavolo l'aumento della pressione fiscale sui ricchi, prevede una stangata per le compagnie petrolifere, e riflette in maniera abbastanza demagogica sul problema della disoccupazione.
Il problema vero è che non cambierà di molto la situazione attuale. Come risultati concreti vedremo un attenuamento delle posizioni estremiste dei repubblicani, i quali, bloccati in fase "legislativa", si butteranno sulla politica estera, un pò come fece Clinton nel '94.
La situazione potrebbe addirittura favorire gli Elephants che, dopo essersi scrollati di dosso le ceneri di questa sconfitta potrebbero ricomporre le fila con una nuova squadra, con più esperienza e soprattutto con un nuovo "ariete", catalizzatore di consensi. Chi sarà? I don't know.

Prodi ammazza l'università italiana

Adesso è ufficiale. Possiamo purtroppo dire che Prodi sta letteralmente chiudendo i rubinetti dell’università e delle ricerca. Guido Trombetti, presidente della conferenza dei rettori c’è lo dice chiaramente.

Per rimediare ai precisi moniti europei circa l’esuberanza della spesa pubblica italiana, Padoa Schioppa e Prodi stanno procedendo verso un prosciugamento continuo di quella che dovrebbe essere il trampolino di lancio per le prossime classi dirigenti future: l’università. La denuncia dei rettori è eloquente. Non bastavano i tagli del decreto Visco-Bersani. Ora ci si mettono anche i nuovi ritocchi presentati sul fondo di finanziamento ordinario per il 2007. Una vera e propria manna per un’università come quella italiana che fa dell’inefficienza e della burocratizzazione asfissiante i suoi “cavalli di battaglia”.

Il problema tutto politico, come nella maggior parte dei casi, in qui si prende in esame questo Governo. L’esubero di spesa pubblica in Italia è dato essenzialmente dalla previdenza sociale e dalla Pubblica Amministrazione. La scuola, la ricerca e l’università dovrebbe rappresentare il settore “buono”, da coltivare per un esecutivo che mette al primo posto della sua agenda i giovani, e lo sviluppo. Invece si procede, su richiesta dei sindacati, a un altro aumento di 100 euro per i dipendenti pubblici, a partire dal 2008, e a continue frenate sulla riforma delle pensioni.

Il problema di questo Governo è piuttosto come dare 10 euro in più al mese agli over 70, sicuro che nella logica prodiana favorirà la crescita. Insomma siamo alle solite : quando si taglia la spesa pubblica perché pressati dall’alto, si favorisce puntare su settori politicamente meno aggressivi, in barba all’efficienza e con un sindacato pressante e troppo presente in parlamento in tutte le componenti dell’attuale maggioranza parlamentare.

giovedì, novembre 09, 2006

Dubbi

In questi giorni non si parla di altro. La condanna a morte all'ex ràis ha scosso gli animi garantistico democratici della bella e vecchia Europa, e dei tanti sostenitori corretti, che tifano per un trattamento "più equo", più democratico, più occidentale. Insomma, tutti quanti a parte Tony Snow portavoce della White House più importante del mondo, sono contrari, anzi, direi indignati.
E l'indignazione è basata su validi ragionamenti a cui non voglio di certo andare contro. Vorrei solo porre alcune domande, e dire perchè sono a favore della pena di morte.

In primis, sono a favore, perchè non è assolutamente vero che la morte per soffocamento di Saddam porterebbe ad una valanga di violenza vendicativa. Il vecchio è solo, e le frange islamiche che lottavano contro gli americani lo hanno lasciato da un pezzo, affiliandosi a qualche altro capo, sicuramente più importante. Tutti lo odiano, e lo odiavano. Come ogni dittatore sanguinario.

Inoltre, come si può pensare che la giovane democrazia irachena possa compiere un simile processo di evoluzione civile in neanche un anno? Laggiù le cose si risolvono ancora così, e anche se non c'è più un dittatore a comandare, i cittadini (consapevoli o meno) hanno deciso, hanno votato. Lasciamo che il tutto abbia corso, ma con una velocità normale. Andiamo a rompere le palle alla Cina, che fa saltare più di 5000 capocce l'anno se siamo così contrari alla pena suprema. O siamo troppo "commercialmente" esposti? Lasciate che Saddam sventoli davanti al suo popolo, e che non marcisca all'interno di un buco.

Se fosse la democrazia ad assolvere la pratica? Non ha forse già assolto torture ad embrioni, miliardi di aborti, matrimoni tra pervertiti? Di cosa ci stupiremmo? de nada

L

lunedì, novembre 06, 2006

Governo di unità nazionale in Palestina

Piccolo passo in avanti nei rapporti Israelo – Palestinesi.

Le diverse fazioni che detengono il potere in palestina, dopo giorni di trattative sono riuscite a raggiungere un accordo per la formazione di un governo di unità nazionale.

I leader di Hamas e Al-Fatah, quest’ultimo attuale partito del presidente Abu Mazen, parlano di personalità “indipendenti e capaci”, che dovrebbe portare a una risoluzione dei conflitti in Cisgiordania e a Gaza tra esponenti del partito del presidente e dei radicali islamici.

Ruolo di mediatore è stato assunto, anche in questo caso da Mustafa Barghouti, personalità indipendente, e fautore di una terza via in Palestina, e attualmente rinchiuso in un carcere israeliano.

Il cambio di Governo rappresenta una sconfitta per gli esponenti di Hamas, che forti del consenso popolare ricevuto alle ultime elezioni, speravano di ripulire la terra dalla corruzione portata dagli uomini di Al-Fatah.

Dati gli ultimi avvenimenti in Libano e le recenti prove di forza di Hezbollah, si può dire che per Hamas questi mesi sono stati un’occasione fallita per acquistare consenso intorno all’area mediorientale.

Nicaragua vicino al populismo

Pericolo populista in Nicaragua. Ortega, leader sandinista storicamente legato a Fidel Castro e Mosca si appresta a salire al potere.

venerdì, novembre 03, 2006

Capezzone, un liberale scomodo

E così Capezzone da oggi pensa per se stesso. Formalmente infatti ieri, all’apertura del V congresso dei Radicali a Padova, è avvenuto il passaggio di consegne tra il golden-boy della politica radicale degli ultimi anni, e Rita Bernardini, compagna di mille battaglie e prossima a mettersi al comando della creatura di Marco Pannella. Sostanzialmente l’uscita di scena di Capezzone dovrebbe concretizzarsi quando saranno presentate le candidature al ruolo di segretario del partito e dove il nome dell’attuale segretario non sarà riproposto.

In questa uscita di scena tra mille polemiche per le litigate continue di questi giorni tra Marco e Daniele, è interessante sottolineare gli sbocchi futuri e il ruolo di Capezzone all’interno del partito. Ad un certo punto, dopo le accuse di ipocrisia e di poca umiltà, l’uomo preferito di Chiambretti deve aver pensato a un “balzo in avanti”. Anche se per un istante, la tentazione di mollare tutto, di uscire dal partito e di tirare avanti solo con le proprie forze forse ha prevalso sul senso di fedeltà che Capezzone prova verso Pannella, che lo ha cresciuto in questi anni di turbolenze politiche.

Perché non lasciare ad altri le battaglie radicali liberali libertarie? Perché magari non stare per conto proprio in attesa che si evolva la situazione politica? Questo deve avere pensato Capezzone, dopo l’ennesima accusa che gli rifilava Pannella. Proprio lui, Marco il distruttore, forse l’unico eccesso animalesco, in un animo garantista e puro come il suo, lo ha scaricato sul suo giocattolo che tante soddisfazioni gli ha dato in 50 anni di storia radicale. Forse vedere come un giovane trentenne alla riscossa si è mosso in questi mesi di governo Prodi, ha turbato Pannella, che si è visto rubare lo scettro di vip nei salotti televisivi e nei dibattiti dei giornali. Lui che ricordiamo incatenato a Roma, con un cartello al collo con la battaglia del momento, o smagrito dopo un mese di sciopero della fame, si è visto scivolare dietro la voglia di fare di un ragazzo cresciuto forse troppo presto.

Il radicale del XXI secolo alloggia a Markette nella fortunata trasmissione di Piero Chiambretti, da del fascista a Occhetto a Porta a Porta, e litiga con l’orco Ferrara a Otto e mezzo ben sapendo la stima che il direttore del Foglio prova nei suoi confronti. Pannella spodestato dicevamo, ma non solo attraverso il “tubo catodico”.

L’effetto Capezzone si è gettato anche nelle stanze di Montecitorio dove Daniele ha l’ufficio di Presidente della Commissione Attività produttive. E qui che ha proposto per il governo la famosa Agenda Giavazzi, o che ogni tre o quattro giorni di queste settimane turbolente per via della Finanziaria, tira fuori dal cilindro la “coalizione dei volenterosi”. Dalla vittoria di aprile dell’Unione alle politiche, se pensi alla Rosa nel pugno e nel loro piccolo ai Radicali, pensi all’attuale segretario e ai suoi intenti autenticamente riformisti. La Finanziaria “non mi piace” ha detto. Le manovre da grande fratello di Visco sull’evasione fiscale “ non mi sembrano giuste” ha rispolverato. Forse Pannella se ne è accorto che il liberale Capezzone stava diventando un liberale un po’ troppo scomodo. E così è arrivata la stangata e il blocco a una rielelezione a segretario del partito.

Motivazione ufficiale? Quella che non si può conciliare la posizione in Parlamento con la guida di un partito. Problemi in questi anni di segretariato? E’ calato il numero degli iscritti e il lavoro “ burocratico” non è stato sempre all’altezza del ruolo ricoperto. Forse è vero, forse no, ma ci sembra che le dichiarazioni di Capezzone in questi mesi abbiano lasciato il segno molto di più che qualche pagina mancante nel registro iscrizioni del partito.

Capezzone comunque rimane all’interno del partito. Le alternative valide sono due.

La prima che è che continui il suo lavoro alle attività produttive e che in un secondo momento all’avvento di nuovi scenari politici, ritiri fuori la testa dentro il partito e si riproponga di “forza” sulla scena.

La seconda alternativa è rimanere all’interno ma in opposizione, a un segretario come Rita Bernardini che si preannuncia assai più mansueto e docile verso le posizioni Pannelliane e Boniniane. La “spina nel fianco” dentro i radicali potrebbe comunque portare una ventata autenticamente liberale e riformista all’interno di un partito che fino ad ora forse non ha fatto la voce grossa come dovrebbe. Capezzone è davanti a questo bivio quindi: o ragiona per se stesso o cerca di crescere con le sue idee all’interno del partito.

Siamo comunque certi che qualsiasi cosa faccia, Capezzone ha avuto il merito in queste settimane di scaldare i cuori di chi crede nella politica del “fare”, lontana da ideologismi facili e retoriche assolute.

martedì, ottobre 31, 2006

Probabile sconfitta per Zapatero in Catalogna

Se tutto va secondo i pronostici la Catalogna, regione più ricca della Spagna, potrebbe rappresentare la prima sconfitta per Zapatero, tenuto conto anche del fatto che comunque la vittoria socialista qui rappresenta un’eccezione ai 23 anni di dominio del partito nazionalista.

I popolari potrebbe usare un’eventuale sconfitta in Catalogna per un’attacco diretto al Governo centrale di Madrid.

Nella testa di Prodi la certezza è un optional

Prodi sembra smentire quello che dicevano noi qui pochi giorni fa. A sentire il premier una riunione ha spazzato via tutti i problemi per un eventuale approdo unitario.

Quindi il Professore ha risolto:

  • i problemi con la sinistra Ds di Mussi e Salvi
  • i dissidi con i popolari della Margherita
  • il problema delle tessere della Margherita è rientrato
  • De Mita ha messo la testa a posto
  • Lamberto Dini ha finalmente confermato che non trama per un eventuale Governo Tecnico
  • I problemi circa il collocamento all’interno dell’europarlamento sono svaniti. ( accontentati i Ds).
  • Confermato contro tutto lo staff dirigenziale dei Ds, il principio di “una testa un voto”all’interno del partito democratico
  • Rientrate le voglie riformiste di Rutelli e Bersani
  • L’ennesima promessa di tasse a Rifondazione

Siamo felici per Prodi, ma con tutto il rispetto non ci crediamo…

Prodi affogato nelle tasse

Le tasse di sprecano. E’ di oggi notizia che la tanto vituperata tassa sui Suv viene abolita in cambio di un superbollo sulle auto superiori ai 100 kilowatt. Questo dice Visco, per “ benefici in favore degli over 75, e in particolare per i quali dovrebbe essere innalzata la no tax area, cioè la fascia di reddito in cui non si pagano tasse, da 7.500 a 7.750 euro”. Era nell’aria, ma per ora sembra smentita la notizia di un aumento dal 43 al 45% dell’aliquota irpef sui redditi sopra i 150000 euro. A montecitorio si è sparsa la voce che il PdCi proponeva addirittura un ulteriore 2% di contributo di solidarietà arrivando a un 47%.

Sono previste inoltre aumenti di prelievo dal 6 al 10 % sulle vincite del Lotto, mentre la commissione trasporti ha suggerito di aumentare di 3 centesimi la tassa d’imbarco sugli aerei. I Ds propongono una nuova tassa alberghiera.

Insomma, in Italia, la prima Finanziaria del governo Prodi è sinonimo di tasse.

Ogni giorno c’è un ping pong mediatico tra i giornali e le tv per intercettare nuove notizie riguardanti il decreto fiscale presentato in Parlamento e ogni emendamento mette al cittadino un senso di brivido per l’ennesimo esproprio ai suoi danni. I propositi di crescita di Prodi sono ambiziosi. Si è detto che entro due anni si vorrebbe puntare su un 2 – 3% costante di crescita.

Ma è giusto fare pagare un fantomatico e lontano rapporto deficit / Pil alle tasche, quelle si vicine, dei cittadini? Tutti gli esponenti del Governo di preoccupano di parlare di equità, di far pagare a tutti nessuno escluso le tasse, e solo da quel momento si potrà poi procedere, secondo loro, a un’abbassamento graduale del prelievo fiscale. La gente però, dopo appena due mesi di discussioni, è stufa di vedersi letteralmente “rubare” i proprio guadagni in nome di un’uguaglianza che mal stona con la dura e cruda realtà dei fatti.

La realtà è che una persona media, non soggiogata da facili ideologismi, vorrebbe che al posto di aumentare la pressione fiscale, il Governo tagliasse tutte quelle spese che rendono il nostro Paese ingessato e burocratizzato da una pubblica amministrazione intrisa di inefficienza e fannulloni. Vi ricordate quando l’ex ministro Lucio Stanca propose di recuperare un miliardo di euro di gettito solo da un taglio agli sprechi di cancelleria?

E’ giusto che tutti paghino la spesa sanitaria e ci sia poi gente che debba pagare le cliniche private perché più efficienti,e altri che non si possono permettere neanche il ticket nel servizio pubblico?

E’ giusto che in nome di un’utopico “diritto dei lavoratori”, la gente vada in pensione a 55 anni e cominci a lavorare a 30, pretendendo un sistema di protezione sociale che lo tuteli fino alla morte?

Prodi non pensa che sarebbe meglio cominciare a parlare di tagli, anziché di nuove entrate?

Perché l’individuo onesto, che lavora e paga già tantissime tasse, deve intervenire a fronte di una mancanza di coraggio politico di un Governo nelle mani di sindacati e delle sue correnti più conservatrici?

Pyongyang torna sui suoi passi

La Corea del Nord torna sui propri passi. Riprenderanno i negoziati a sei, fermi da Settembre, dopo un’incontro informale tra la delegazione di Pyongyang, quella cinese e quella statunitense.

La prova di forza coreana quindi, con il lancio prima di missili atomici nel pacifico,e dopo di un test atomico ( con tanti ma ) sotterraneo sul proprio territorio,era quindi solo un deterrente per riprendere i colloqui?

In una prima lettura sembra che il regime abbia mostrato infatti i muscoli, ben conscia del fatto che prima o poi una ripresa del rapporto multilaterale ci sarebbe stato. E’ chiaro che ora Pyongyang ha dalla sua un test all’apparenza riuscito, e che quindi può sfruttare questa situazione, pretendendo più concessioni davanti agli altri protagonisti della partita.

Per ora c’è anche da registrare comunque un successo della diplomazia cinese, riuscita, anche facendo la voce grossa, a sovrapporsi tra l’amministrazione Bush e Kim jong Il.

Proprio la Cina nel lungo periodo può essere un’efficace “scudo” americano sulle ambizioni geostrategicbe nordcoreane.

Pyongyang torna sui suoi passi

La Corea del Nord torna sui propri passi. Riprenderanno i negoziati a sei, fermi da Settembre, dopo un’incontro informale tra la delegazione di Pyongyang, quella cinese e quella statunitense.

La prova di forza coreana quindi, con il lancio prima di missili atomici nel pacifico,e dopo di un test atomico ( con tanti ma ) sotterraneo sul proprio territorio,era quindi solo un deterrente per riprendere i colloqui?

In una prima lettura sembra che il regime abbia mostrato infatti i muscoli, ben conscia del fatto che prima o poi una ripresa del rapporto multilaterale ci sarebbe stato. E’ chiaro che ora Pyongyang ha dalla sua un test all’apparenza riuscito, e che quindi può sfruttare questa situazione, pretendendo più concessioni davanti agli altri protagonisti della partita.

Per ora c’è anche da registrare comunque un successo della diplomazia cinese, riuscita, anche facendo la voce grossa, a sovrapporsi tra l’amministrazione Bush e Kim jong Il.

Proprio la Cina nel lungo periodo può essere un’efficace “scudo” americano sulle ambizioni geostrategicbe nordcoreane.

venerdì, ottobre 27, 2006

NO a "grandi coalizioni". Si al bipolarismo

Silvio Berlusconi, molti autorevoli bloggers, e tanti simpatizzanti del centro-destra, in attesa che il Governo Prodi cada, parlano già di “grande coalizione”. Male minore si dice. Meglio del Governo post-democristiano-comunista come quello attuale.

Ma siamo gli unici che guardiamo con sfavore a un esecutivo di larghe intese? Che crediamo nel bipolarismo duro e puro? Che speriamo che Prodi cada con le sue mani, e che al suo posto torni una maggioranza moderata e liberale?

Il Governo attuale è in una situazione non facile, ma per carità, non facciamoci prendere dalla “politica dell’inciucio”. Una sana alternanza politica è l’unica via “seria”, anche in un Paese poco “serio” come il nostro. ( spionaggi inclusi).

“Scegliamo di andare avanti” è uno slogan a noi conosciuto. Non vorremmo si tornasse indietro invece.

A risentirci..

giovedì, ottobre 26, 2006

Ancora per Sharansky presidente

Ogni tanto riprenderemo la campagna iniziato una settimana fa che vede Natan Sharansky, come unico idea possibile per un cambiamento alla presidenza dello Stato di Israele.

Meglio muoversi in anticipo..

A risentirci..

Chi la fa l'aspetti per Prodi

Chi di spada ferisce, di spada perisce…(qui) di Thejustchoice

Napolitano più onesto del re ( Prodi)

Napolitano, un presidente realisticamente corretto…

Concordiamo in pieno con l’analisi del comunista “che non mangia i bambini”.

D’altronde noi ne avevamo parlato giorni fa qui e Perla qui.

Prodi è d’accordo?

Ds furiosi con Prodi

Prodi è permaloso. D’Alema lo esplicita chiaramente. Fassino cerca, per ora, di tamponare l’insofferenza diessina verso il professore. In questi giorni di fuoco per una finanziaria ancora ostaggio di veti incrociati nella maggioranza, sembra svanire quel rapporto idilliaco instauratosi in questi ultimi mesi (anni) tra Romano Prodi e i Ds.

Tutti ricordiamo, nel punto più alto dell’alleanza tra i post-comunisti e l’ex manager dell’Iri, quando prima delle elezioni politiche di Aprile , Prodi rispondeva così a chi gli chiedeva chi avrebbe lui stesso votato : “Non lo so. Decido il partito in base a un calcolo squisitamente politico”. Segno evidente questo, di un malessere che a quel tempo albeggiava tra l’attuale premier e il suo partito di origine, in polemica col trio Rutelli-De Mita-Marini. Ora la situazione è cambiata radicalmente.

Non è tanto il rapporto con i singoli esponenti del partito diessino che preme rilevare, non a caso in questi anni i colloqui “sereni” con D’Alema si contano su una mano, ma una situazione divenuta afosa in merito a obbiettivi partitici e programmi di Governo.

Partito Democratico.

Il punto è chiaro a tutti : il problema si gioca in Europa. Gli esponenti diessini è da mesi che ripetono che un’eventuale unione con la Margherita e le altre forze riformiste si può fare solo se in un contorno socialista. Ovvero, o in un approdo degli altri partiti del futuro Pd dentro il Pse, oppure nella formazione di un nuovo gruppo che comprenda sia i gruppi del partito liberal-democratico, sia gli esponenti del Pse. A parte la difficoltà a trovare un approdo univoco anche per quanto riguarda i singoli partiti negli altri Stati nazionali, il problema vero è che pezzi della Margherita, e la sinistra Ds, per motivi opposti, sono nettamente contrari a una formazione di questo tipo. In questo caso prevalgono infatti gli interessi personali e delle singole componenti su quello comune del Pd. In tutto questo, il malumore diessino nasce forse da un’eccesso di delega a Romano Prodi, incapace, per ora, di gestire la situazione da vero statista, e relegato al ruolo fino ad ora, di moderatore. Dovendo trovare un punto d’incontro tra le richieste della base, non disposte per ora a perdere i connotati social-democratici, e le esigenze politiche che dovrebbe portare a uno sbocco unitario, i Ds sono tentati di riprendersi la delega data al premier, senza garanzie però. Come reagirà Prodi?

Programma di Governo.

La partita forse è qui più complessa che quella del punto precedente. All’interno del Governo e della maggioranza parlamentare sembra aver preso vigore un’inedita alleanza sinistra radicale-Prodi- Padoa Schioppa che mette ovviamente in secondo piano i Ds. La Finanziaria, dopo un DPEF per certi aspetti positivo, è tornata ad essere impregnata di lacci e lacciuoli burocratici, spese e tasse a non finire. Segno che il profilo iniziale riformistico è stato abbandonato in nome della “conservazione”. Grande regista ovviamente Bertinotti che vanta un rapporto con il Professore indubbiamente ottimo. Ieri per l’ennesima volta è stata la volta della vice-capogruppo alla Camera, Marina Sereni (Ds), a ricevere un altro smacco dal Governo ( Prodi). La proposta, per altro concordata, si sussurra, con la Cgil, di aumentare l’aliquota per i redditi sopra ai 150000 euro al 45%, è stata bocciata dal ministero dell’Economia, facendo digerire un altro boccone amaro a Piero Fassino.

In questi giorni poi, le voci più critiche alla Finanziaria, sono tutte di marca Ds: Bersani la definisce “non coraggiosa”. Nicola Rossi, si chiede se “esiste ancora una sinistra liberale nel Paese”. Enrico Morando, presidente della commissione Bilancio al Senato, dice di “smetterla di puntare sulle tasse”.

Insomma, Prodi sembra, per ora lasciare da parte le istanze degli esponenti più fieramente riformisti, preferendo una strada, sicuramente meno “pericolosa” per il consenso politico, anche se sono di questi giorni i sondaggi di opinione che vogliono una Cdl in vantaggio di 10-15 % rispetto all’Unione.

Cosa fara Prodi?

Ieri Prodi si è lamentato che non “può essere il premier per tutte le stagioni”. Sintomo evidente di un malessere che regna nel Governo, ma che soprattutto sottolinea come il premier sia stufo di ricevere punzecchiature da tutte le componenti della maggioranza. Dietro il “tutte le stagioni” si intravede bene però un chiaro messaggio politico, anche in questo caso rivolto ai Ds. Sono loro gli scontenti, tanto è vero che anche la voce istituzionale per eccellenza dei Ds, il presidente della repubblica Giorgio Napolitano, ha auspicato un “impegno comune” in nome di scelte coraggiose. Si profilano le breve periodo due linee : quella oltranzista e decisa allo scontro del ministro degli esteri Massimo D’Alema, e quella dei tessitori, capitanati dal segretario Ds, Fassino. Per ora sembra comunque prevalere la seconda linea, ma fino a quando i Ds saranno capaci di subire le gaffe del Professore?

Vittoria contro l'estremismo

Per fortuna questa volta la giustizia ha fatto il proprio corso…

Una vittoria per tutti quelli che credono nella liberta di espressione contro il bigottismo assoluto di talune frangie estremiste..

Sondaggi di MID-TERM

Interessante sondaggio sulle elezioni di mid-term su tutti temi di politica interna e estera..Ci avviciniamo all’election day un po’ scettici però..

mercoledì, ottobre 25, 2006

Prodi contro l'università

Anche i rettori delle università italiane protestano col Governo per i tagli alla ricerca e allo sviluppo. E’ vero che il meccanismo pubblico universitario ha i suoi problemi, e il drenaggio della spesa non è purtroppo semplice da gestire, ma arrivare a tartassare le già “povere” università statali vuol dire autentico “masochismo politico”.

Da tempo crediamo che la soluzione migliore sia alla fonte, e cioè trasformare le università da pubbliche in fondazioni. Ci sarebbe comunque da approfondire.

Qui ci chiediamo: ma con tutto l’esorbitante muscolo burocratico che muove la nostra pubblica amministrazione proprio all’università bisogna tagliare? Come mai al contrario si procede ad aumentare per l’ennesima volta i contratti nel pubblico impiego, e favorire con leggi ad hoc gli impiegati comunali e regionali, non distinguendo tra meritevoli e fannulloni?

L’incongruenza di certe proposte è a volte devastante..

Palestina alle corde

Il velino ci porta su un tema fuori dalle cronache dei giornali di questi giorni di finanziaria. La situazione in Palestina, dopo l’annuncio giorni fa, di un possibile incontro tra il premier Olmert e il presidente dell’Olp Abu Mazen, è gravemente precipitata per un irrigidirsi delle posizioni di Hamas. Come era prevedibile c’è stato il temuto effetto a catena della guerra in Libano.

Hamas, sta facendo la voce grossa dopo le recenti non brillanti performance dell’esercito israeliano in Libano, ed è per questo che sta tirando più del dovuto la corda. Hezbollah, agli occhi della brigate Al-Qassan, braccio armato di Hamas, rappresentano un modello da seguire per imbastire una somossa in Cisgiordania, dopo lo sgombero in buona parte della Striscia di Gaza. Il solo ostacolo ad Hamas per ora è interno.

Infatti in Cisgiordania, soprattutto nella zona di Hebron e Jericho da farla da padrone sono gli uomini di Al-Fatah. Proprio le brigate dei martiri di Al-Aqsa, braccio armato del partito vicino al presidente, fatalmente tengono viva la speranza che in Palestina non si cadi nell’più assoluto odio verso Israele. La Siria, anche se uscita piuttosto ridimensionata dallo scontro in Libano sembra mantenere ancora una certa influenza sul movimento islamico al potere nell’Olp. La situazione sta cambiando però. Hamas, almeno per quanto riguarda i diktat politici e di comunicazione sembra adattarsi a un modello più grintoso e velenoso come quello iraniano e del suo presidente fanatico. Forse sta svanendo l’ombra siriana sull’estremismo islamico palestinese, passando la mano al gigante sciita iraniano. Poco importa la diversità di vedute religiose. Quello che conta è la visione comune che vuole un Israele sparire dalla faccia della Terra e un modello unico islamico che si estenda dall’Indonesia al Marocco. La palla ora è nelle mani del premier Olmert. E’ di ieri la notizia dell’allargamento del Governo al partito religioso di destra Israel Beitenu e al suo leader Avidgor Lieberman. Il partito, che raccoglie molti consensi nell’entourage russofono ed ex-dissidente sovietico, ha una posizione strategica molto importante. Se passerà la mozione alla Knesset, il suo leader sarà designato vicepremier e posto alla guida di un nuovo ministero, degli «Affari Strategici».

Forse, il governo, in un ruolo chiave come quello geo-politico ha preferito optare per una soluzione “forte”, fiera della visione del”grande Israele”.

Olmert ha poco tempo per vedere cosa fare. Il radicalismo giganteggia in terra santa e di certo i continui proclami “atomici” di Ahmadinejad non aiutano.

Basta "ritocchini" governativi

In queste ore il tema caldo ritorna ad essere la Finanziaria, o meglio ancora, il decreto fiscale allegato. Alcune modifiche per quanto riguarda il regime delle detrazioni agli over 75, e un piccolo rialzo dell’ultima aliquota per i redditi eccedenti i 150.000 euro sono alcune novità dell’ultimo minuto. L’emendamento presentato dal Governo sulla Finanziaria prevede l’'introduzione di un contributo di solidarietà del 2% sulla parte di reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche eccedente i 150.000 euro. Dopo quel reddito, quindi, l'aliquota applicata sarebbe del 45%.

Il ministro Visco dice che la manovra, secondo lui, è perfetta, ma è incomprensibile ( a noi ci sembra di averla abbastanza capita), e su quanto detto prima aggiunge che l'emendamento sulla curva Irpef conterrà solo «piccole correzioni», ma senza cambiare «il senso dell’operazione». Visco ha anche aggiunto che «sta aspettando la convocazione della commissione Bilancio per illustrare l’emendamento».

Ora vengono da sé alcune riflessioni. La rimodulazione Irpef già presente in finanziaria è stata nuovamente condita con un altro aggravio di aliquote per le fasce più alte di reddito.

L’esecutivo continua a piccoli passi sulla strada del rialzo delle tasse, dopo che nei 5 anni precedenti si era assistito a una leggere riduzione delle aliquote e un conseguente abbassamento di pressione fiscale di 1,5%. Il fatto di essere tranquilli perché non sono previste altre variazioni non fa passare notti tranquille a tutte quelle persone che credono che l’arma delle tasse non sia quella giusta per fare crescere il Paese. Testimonia il fatto che in una fase comunque di crescita, anche se estremamente debole, sarebbe auspicabile da un esecutivo che mettesse al primo posto l’individuo, rilanciando i consumi lasciando una quantità di reddito più elevata nelle già corte tasche dei cittadini. E’ allarmante il fatto che si dica inoltre che agire sulle entrate non sempre è positivo per il Pil ( Pennacchi), ma che poi non si opti neanche per un taglio drastico di spesa corrente. In particolare nella sanità e nel sistema pensionistico siamo sempre alle solite: sentiamo sempre promesse future e “giochini” mediatici come la tanto decantata opzione di destinare la quota del Tfr all’inps. Tanto fumo e niente arrosto per sviare i problemi veri del Paese. Tra l’altro i settori a cui si faceva riferimento precedentemente sono del tutto iniqui soprattutto per i ceti meno abbienti, che dovrebbero essere le fasce più tutelate da un esecutivo progressista.

Si spera che le piccole “manovre” del Governo finiscano, e che l’accoppiata Padoa Schioppa - Visco si concentri sugli sprechi statali lasciando in pace i cittadini.



martedì, ottobre 24, 2006

Ridiamoci sù

A Bologna è uscito uno scoop che potrebbe risolvere le problematiche prodiane relative alla finanziaria. Fonte della notizia è Il Resto del Casino, popolare giornale del luogo.
Secondo questa news il governo avrebbe trovato degli accordi sia con gli alleati scontenti sia con l'opposizione:

1- meno tasse per i neonati se in possesso di un contratto d'affitto;
2- sconti in palestra per chi ha compiuto più di cent'anni;
3- ici ridotta del 30% a tutti i clochard all'acquisto della prima casa;
4-incentivi statali ai comuni con meno di 5 abitanti;
5- detassato il proprio funerale;

lunedì, ottobre 23, 2006

Un divorzio per i cattolici?




Nell’editoriale del
Corriere di sabato 21 ottobre, Galli della Loggia, in prima istanza, sottolineava come dopo l’intervento del Papa a Verona fossero nate numerose spaccature all’interno dei cattolici. Tutto ciò in relazione a vari temi sollevati e (soprattutto ) non sollevati da Ratzinger. Questioni come la Tradizione e la Modernità, visti come perni sui quali verte gran parte del dibattito “interno”, sono diventati di cruciale importanza.
Importante è stata anche la frase del Papa riferita agli intellettuali “devoti”, ai laici disposti a riconoscere il ruolo della religione all’interno dell società: “Considerare nostri interlocutori anche importanti uomini di cultura non credenti, ma che avvertono il rischio di staccarsi dalle radici cristiane”. Riferimento chiarissimo riferito a nobili figure quali Pera e Ferrra, tra l’altro freschi freschi di un recente scontro verbale in riferimento proprio al manifesto che Pera sta portando avanti da un pò di tempo.
Inutile dirlo, i Cattolici sono sempre più divisi. Sia in Parlamento, dove molti sono costretti a condividere la “stanza” con comunisti di vecchia data, sia nelle piazze (“costruite” da Papa Wojtyla, nelle quali si scontrano numerose correnti. Scarsa unità, anche per colpa delle dichiarazioni del Papa, molto forti e decise. Ma ricordiamoci, almeno Benedetto XVI,non parla il politichese, quindi non potrà mai accontentare tutti.

venerdì, ottobre 20, 2006

Chi è il più famoso dei "non- esistiti"?


Navigando su Internet, sul sito Ansa, ho trovato questa piacevolissima notizia: Alan Lazar, Dan Karlan, Jeremy Salter, hanno appena pubblicato un libro ( HarperCollins edizioni) dal titolo "I 101 personaggi più influenti che non sono mai vissuti.
Secondo questo simpaticissimo libro, ogni personaggio realmente non esistito, ha contribuito a lanciare un messaggio al mondo, giusto o sbagliato che sia.

Sotto il cinquantesimo posto troviamo James Bond, simbolo dell'intrigo, del fascino sessuale (un vero english-man) mentre la mitica Barbie si posiziona solamente al 43° posto con la sua immagine (davvero poco femminista!) di donna facile e fisicamente perfetta. Lì vicino troviamo anche Icaro e tanti altri personaggi nati in tempi più remoti.

Salendo di grado nella graduatoria troviamo molte sorprese. Amleto, Frankenstein, Sigfrido, Sherlock Holmes, Romeo e Giulietta, il dott. Jekyll e Mr Hyde, ma il bello viene nelle prime posizioni.
Al quarto posto si classifica Babbo Natale il quale, dopo aver superato di popolarità il buon vecchio e cristiano San Nicola, si gode tutta la sua mondiale popolarità. Simbolo di affetto e altruismo, il vecchio dispensatore di doni, è anche stato "vestito" da Coca Cola, ed ha assunto un'immagine da vero Politically Correct, se non fosse per il peso... (bisogna essere magri, ma per quello bisogna prendere esempio da Barbie).
Al terzo posto (attenzione, siamo sul podio) troviamo Rè Artù. L'uomo umile, diventato monarca saggio e generoso. Simbolo di coraggio e virtù, un vero eroe a cui ispirarsi. Rousseau sarebbe fiero di lui..
La medaglia d'argento và al Grande Fratello, l'occhio che-tutto-osserva del libro 1984 di G. Orwell. Icona della pesantezza e dell'opulenza della società verso l'individuo.
Ma al primo posto non troviamo nè topolino nè Nonna Papera, bensì Marlboro Man!
Il vero responsabile di milioni di cancri ai polmoni, alla trachea e all'esofago. Un'eroe negativo, ma diamine, pur sempre un vip. Con le sue pubblicità negli anni d'oro americani, il buon vecchio, saggio e virile cow boy, ingannò milioni di persone, con messaggi più o meno subliminali. Mi chiedo però dove sia finito nella classifica il clown di Mc Donald's (non ha forse favorito la fioritura di milioni di infarti? La nascita di malattie cardiovascolari? Deve ancora farne di strada rispetto a Marlboro Man...).

-L-

Primi mesi primi fallimenti per Prodi

Dario Di Vico sul Corriere di oggi invita a riflettere sul declassamento avuto ieri dall’Italia dalle agenzie di rating internazionale. Essere sullo stesso piano ,in quanto ad affidabilità, del Botswana non è un bell’andare. Anche se sinceramente scappa abbastanza da ridere….

Viene da se un’analisi dell’attuale esecutivo. Tutti gli analisti ci dicono che un governo notoriamente realizzi le opere migliori del proprio mandato nei primi mesi di legislatura, perché “libero” da pressioni di gruppi d’interesse ed eventuali lobby “mangiasoldi”. Ne prendiamo atto, perchè se in questi primi mesi del Governo Prodi si sono consumate le scelte “migliori” , allora attendiamo con una sorta di formicolio interno-budellare i prossimi mesi ( anni??!?).... Da paura..

Continua poi il valzer di editorialisti “speranzosi”, alla Michele Salvati.

Ieri notavamo qui che tali autorevoli personaggi nutrono comunque grande speranza per le scelte future dell’Esecutivo, ben consci di avere capito gli eventuali errori passati e di presente.

Come dire..”La speranza è l’ultima a morire”…

Beati loro!

giovedì, ottobre 19, 2006

Declassamenti prodiani

Declassamento delle agenzie di Rating per l’Italia.

Eppure metà Italia più uno ( Francesco Giavazzi) lo avevano detto a Prodi di tagliare la spesa pubblica corrente.

Politici testardi…

L'interesse nazionale spagnolo

Dopo la visita del premier Romani Prodi in Spagna e l’intervista al Corriere di Zapatero, il tema centrale è il modello iberico come paragone al sistema italiano.

Michele Salvati, in un editoriale di oggi chiama in causa l’interesse nazionale e come nonostante le differenze tra popolari e socialisti, all’esterno l’immagine spagnola è unita, con un unico obbiettivo : la crescita economica. Salvati si chiede poi come mai da noi non sia così e domini la demagogia politica, sottolineando comunque che l’economia non è tutto, in un “miracolo” come quello spagnolo.

A parte le contestazioni alla politica di Zapatero in Spagna, e gli eventuali meriti della sua azione, il problema è come al solito italiano. La Spagna è un Paese “normale”, come lo è l’Inghilterra o la Germania. Il partito comunista catalano collabora con il Governo centrale, e partecipa alle riforme, il Batasuna basco, fuorilegge, in questi ultimi anni ha comunque ridotto l’astio verso Madrid e l’Eta non fa più paura come negli anni ’80. Sull’onda di un laicismo in alcuni aspetti contestabile, Zapatero ha incarnato la voglia di diritti individuali della grande maggioranza della gente, e non ha comunque aperto le porte ai immigrati dove le Canarie sono la nostra Pantelleria. Chi si attendeva una politica troppo tendente verso un “becero” solidarismo in nome di una utopica giustizia sociale si sbagliava. Chi si attendeva l’immobilismo di un mercato del lavoro, quello spagnolo, molto più chiuso e illiberale del nostro, ha masticato amaro. Zapatero sta facendo comunque la sua politica non tacciabile di essere di destra ma che comunque rispetta il programma elettorale presentato a Barcellona prima delle elezioni.

Che piaccia o no, sta attuando le riforme.

Ricordiamo che la sua vittoria comunque contro Aznar è scaturita solo dagli attentati di Madrid e che se il terrorismo islamico non avesse colpito, probabilmente i popolari sarebbero ancora al Governo. Paradossale è poi che probabilmente il punto più basso della politica del partito socialista sia stato il ritiro unilaterale delle truppe del Re dall’Iraq. Tutto questo nei giorni successivi alla data delle elezioni.

Salvati vede con orgoglio all’interesse nazionale spagnolo, ma come si fa a chiedere o a sperare che capiti la stessa cosa in Italia?

Un corporativismo asfissiante domina il tessuto economico del nostro Paese. Una maggioranza talmente eterogenea al Governo che un colpo di vento può fare cadere all’istante, e una politica clientelare che porta sempre a non analizzare mai i veri problemi del Paese sono gli assi che giochiamo rispetto agli altri Paesi che con noi si contendono la leadership Europea.

Si discute della Gregoraci, delle tessere false della Margherita, di come dare più rappresentanza a Rifondazione al Governo, e udite udite , al compleanno di Cossutta dove non è invitato nemmeno un’esponente del PdCI. Ma di come liberalizzare il mercato del lavoro, di come far si che i giovani non siano vecchi a trent’anni non se ne parla.

Per questo che l’Italia, con le sue sfumature banali e demagogiche non può ambire almeno per ora, a quell’interesse nazionale che tanto piace nei sogni di Salvati.

A risentirci.

Stiamo con Sharansky

Natan Sharansky potrebbe essere uno dei candidati possibili alla successione di Moshe Katsav, attuale presidente di Israele e travolto recentemente dagli scandali a luci rosse.

Altri possibili nomi che si fanno sono tutti di spicco come il letterato Amos Oz, o lo storico Elie Wiesel. Noi però facciamo il tifo per l’appena dimissionario dalla Knesset, ebreo e nato in Ucraina, Natan Sharansky.

Ex ministro per la diaspora, Sharansky è un personaggio scomodo: una vita dedicata alla Politica nel senso alto del termine, spesa a difesa dei diritti umani tanto calpestati nella sua terra di origine, la Russia , negli ultimi 50 anni. Sharansky è vissuto sulla sua pelle che cosa vuol dire non rispettare la libertà di espressione, e togliere la dignità a una persona. Personaggio scomodo dicevamo, anche per le sue posizioni ultime, dissentendo sul ritiro degli insediamenti israeliani a Gaza, voluti da una buona parte del Likud e da Ariel Sharon. Lui, l’uomo che viene dal freddo, con le sue memorie ha fatto pensare milioni di persone al male assoluto dei totalitarismi, al costo dell'esportazione della democrazia in un Paese, ma che certo rappresenta l’unico modo fino ad ora possibile per un’esaltazione completa dell’individuo contro le oppressioni dall’alto.

Noi, poveri liberali con il gusto per chi difende le libertà di essere, di credere e di apparire, siamo in attesa di una petizione per Sharansky presidente.

A risentirci.

mercoledì, ottobre 18, 2006

D'accordo con Prodi: prima volta (e ultima?)


Questa volta mi sento di dare ragione a Prodi. Il divieto totale imposto da Frattini mi sembra esagerato e illiberale. Portino pure il velo ma senza coprirsi il volto. Che male c’è? Quello che dobbiamo tutelare è il rispetto per le nostre tradizioni e i nostri valori, per il resto facciano quello che gli pare.
Insistere su questioni irrilevanti mi sembra un accanimento che sposta lo sconto su posizioni non serie.

martedì, ottobre 17, 2006

Politicamente (s)corretto


Bernard-Henry Lèvy, alla vigilia della conferenza – Politically Un.correct - organizzata oggi a Milano da Pubblicità Progresso, si mette di traverso e prova dire la sua a riguardo.

Nell’epoca in cui è di moda ridicolizzare il politicamente corretto, io lo difendo

Pur sottolineando i numerosi errori degli anni 60 e 70, quando il femminismo e l’uguaglianza sociale spopolavano in America, costringendo numerose rivisitazioni storiche, Lèvy rivaluta la questione dal punto di vista concettuale, riproponendo una rilettura della Storia contemporanea.

“Il razzismo e l’antisemitismo, il maschilismo e le volgarità contro le donne sono diminuiti, e questo è un bene”

Inoltre, il filosofo, riprendendo l’intervento di Panebianco qualche giorno fà sul Corriere denuncia un intromissione della legge su questioni a lei molto lontane ed articola il tema del Politicamente Corretto in 3 livelli ben distinti:

1) “Educare le persone sul fatto che la lingua non è un veicolo neutro ma è carica di senso e di violenza.”
2) “Dopo c’è un secondo livello, quello che fà cadere la scure della legge su certe frasi”
3)”A chi dice cose politicamente scorrette può capitare di ricevere minacce di morte” e qui si riferisce al caso Redeker, il professore che ha osato criticare l’islam.

Le frasi di Levy sono sacrosante e meritano molta attenzione soprattutto perchè relative ad un tema che da quando ha inglobato il problema dell’Islam è diventato “intoccabile” da parte delle istituzioni politiche, le quali stanno molto attente prima di addentrarsi in discorsi compromettenti.
Certo è che non dobbiamo scordare che il Politically un correct è una forma di libertà, e come tale và tutelata, in via di principio, secondo qualsiasi forma essa decida di materializzarsi.

-L-

Casini può fare il partito dei moderati da solo?

Da settimane ormai l’attuale opposizione è in crisi d’identità. Alla mancanza di Berlusconi sulla scena politica si è aggiunto ormai da diversi giorni uno smarcamento continuo dell’Udc e una certa insofferenza da parte di settori di Alleanza Nazionale. C’è inoltre da registrare un dissenso totale della Lega sull’attuale impalcatura della Cdl con la facoltà per il futuro di avere “mani libere” come ha ripetuto Bossi alla tradizionale festa del partito a Venezia. Nel “tutti contro tutti” all’interno del centro-destra, la parte del leone la fa sicuramente Casini. Il partito (post) – democristiano sembra quello che meglio riesce a innescare la polemica con una differenza netta rispetto agli altri partiti della coalizione. L’attacco è rivolto a Berlusconi, in prima persona, più che al partito che rappresenta. Riconoscendo all’attuale leader dell’opposizione una grande tenuta durante tutta la campagna elettorale, sembrava fosse scritto che in caso di sconfitta , si dovesse per forza rimettere in gioco la leadership della Cdl, non curandosi minimamente che in termini prettamente numerici più della metà degli italiani hanno comunque votato per il centro-destra. Casini anche ieri ha ripetuto che “Berlusconi ha ragione quando dice che il nostro popolo vuole unità ma anche nel centrodestra ci sono impostazioni diverse» aggiungendo che“noi non accetteremo di doverci giustificare perché questo partito è stato messo da qualche cialtrone sul banco degli imputati. Non mi riferisco ai capi ma a quella gente che dà aria ai denti senza pensare. Noi saremo durissimi con il governo su quello con cui non siamo d'accordo. Però se una cosa è giusta, io dico che è giusta. Più mi intimidiscono e più sarò duro perché io non faccio parte di quella classe dirigente che non si chiede cosa è giusto ma cosa ha detto Berlusconi».
Il punto fondamentale degli affondi del leader dell’Udc è però un altro e riguarda l’assetto strategico che si deve dare per il futuro la Cdl. Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc ha ripetuto negli ultimi giorni un punto che sembra cardine del programma casiniano d’opposizione : “ il partito unico del centro-destra non è ora ammissibile, e l’unico partito dei moderati lo può fare l’Udc da sola”. Sembra un’invertire la rotta tipicamente democristiano, con un chiaro progetto politico facilmente svelabile. L’obbiettivo di Casini, “vogliamo arrivare al 15%”, ha detto a margine dei lavori della festa di Fiuggi dell’Udc, è aumentare il consenso elettorale e l’ex presidente della Camera sa benissimo che il traguardo indicato non è possibile per un partito, si radicato nel territorio, ma non efficientissimo a livello locale e con un nome che è tutto un programma. L’unico modo per erodere voti agli altri partiti del centro-destra è cambiare veste, farsi più elegante, più attraente, e cercare di attirarsi le simpatie degli elettori di Forza Italia e An. Appare debole la tesi, ribadita in questi giorni da Cesa ,che la creazione del partito dei moderati ha l’obbiettivo di ri-accogliere i transfughi democristiani sparsi in piccoli partiti. Ricordiamo che Rotondi e Lombardo si sono distaccati per motivi diversi, proprio dall’Udc e appare scontato che non ritorneranno tanto facilmente all’ovile, se non in presenza di un chiaro segno di cambiamento in termini di dirigenza all’interno del partito centrista. In più appare logico che considerando l’attuale consistenza dell’Udc nei termini del 6-7% , per arrivare alla soglia del 15%, bisognerebbe più che raddoppiare il proprio bacino elettorale. Impresa ardua, condita dal fatto che è difficile che pezzi dell’attuale maggioranza possano scendere dal carro dei vincitori, abbracciando il “mago” della politica Casini. Ogni riferimento all’Udeur e a pezzi popolari della Margherita è puramente voluto.

A nostro avviso la creazione di un partito unico dei moderati all’interno della stessa Udc è opinabile per due ordini di motivi.

La prima obiezione è a nostro avviso strategica. Se come dice Casini, l’Udc vuole comunque essere “un’opposizione alla sinistra” non si capisce come possa pensare di presentarsi da sola alle prossime elezioni. L’eventuale partito dei moderati, seppur come auspica Casini, al 15%, sarebbe comunque in svantaggio rispetto alla solita “armata brancaleone” del centro-sinistra. Tale formazione, a nostro avviso non potrebbe che correre da sola perché difficilmente Berlusconi Fini e Bossi accetterebbero di concorrere assieme a una nuova formazione priva di identità radicata e che potrebbe erodere il consenso attorno agli altri tre partiti della coalizione. La dottrina ci insegna che un partito che cambia nome difficilmente riesce ad attrarre consenso, se non cambia la propria cultura politica all’interno.

La seconda obiezione è legata alla prima ed è culturale. La realizzazione di un partito unico dei moderati deve necessariamente essere un contenitore che rappresenti tutte le anime alternative alla sinistra, in tutti i suoi aspetti : culturali, politiche ed economiche. Viene da sé che al partito dei moderati non può mancare la vocazione liberale liberista di Forza Italia, le spinte di una destra conservatrice come An, e neanche le istanze popolari del Nord produttivo rappresentate dalla Lega Nord.

Un serbatoio della metà dei voti del Paese, e metà Senato della Repubblica non possono venire disperse per battaglie “ di nomi” all’interno di una coalizione, perché ciò non farebbe che creare un’ulteriore distacco della gente dalla politica, spaesata e dubbiosa, che accrescerebbe la sempre più ampia forbice degli astenuti alle politiche.

Rispetto a tante altre uscite dell’attuale segretario o del recente passato, questa volta l’Udc sembra abbastanza compatto

La voce fuori dal coro è però come al solito l’ex ministro dei rapporti col Parlamento Carlo Giovanardi che a Fiuggi ha ribadito che “non possiamo essere sui giornali tutti i giorni soltanto per le polemiche interne al centrodestra. «Bisogna fugare i troppi dubbi seminati tra iscritti, simpatizzanti ed elettori che ci chiedono un'opposizione rigorosa. Le fughe in avanti stanno diventando troppe».

La Cdl dovrebbe ragionare al suo interno sul futuro, pensando bene al da farsi e sapendo che comunque eventuali proposte non ragionate, possono irritare l’elettorato e creare un senso di smarrimento che appare già in atto dal giorno della vittoria alle politiche ,dell’Unione.

Il seggio all'Onu non è merito di Prodi

L’Onu come già detto premia l’Italia. Sono però opportune alcune precisazioni che sembrano essere sfuggite ai nostro uomini politici e soprattutto dell’attuale Governo in carica.

Il seggio al consiglio di sicurezza è stato salutato dal premier in questi termini :” E' un fatto e un risultato unico che riconosce la politica internazionale positiva portata avanti dal nostro Paese. E' una grande soddisfazione per l'Italia, un riconoscimento globale alla nostra politica estera del nostro Governo''. Il premier ha rivolto quindi ''un caloroso ringraziamento a quanti hanno lavorato per raggiungere questo risultato'', in particolare al nostro ambasciatore all'Onu e a tutti i suoi collaboratori. Il ministro degli esteri Massimo D’Alema rincara la dose: ''ci sprona a favorire una riforma delle Nazioni Unite in senso democratico, rappresentativo e consensuale'' e ''testimonia la stima, la considerazione e la simpatia di cui godiamo in seno alle Nazioni Unite e sulla scena internazionale''.

Se prendiamo poi le pagine a sei colonne di tutti i giornali che gravitano in quell’area “amica” dell’attuale esecutivo, allora si capisce bene come il Governo attuale abbia beneficiato più del dovuto, sia a livello politico che mediatico, del premio recapitato dal Palazzo di vetro di New York.

Se da una parte è evidente che in una situazione come questa non si possa pretendere che i responsabili della nostra politica estera non esultino, per un risultato comunque rilevante sotto tutti i punti di vista, appare però eccessivo, soprattutto davanti all’opinione pubblica equiparare l’Italia all’esecutivo di Romani Prodi. Il” premiare” l’Italia è la sintesi di un percorso iniziato 10 anni fa che ci è valsa la reputazione di “Nazione impegnata” ( R.Kagan). Abbiamo affrontato con la schiena dritta i vari fallimenti europei, rispondendo comunque alle esigenze comunitarie in modo egregio durante il semestre di presidenza di turno dell’UE.

Il motivo di un voto così plebiscitario all’Assemblea delle Nazioni Unite è comunque la grande relazione istauratasi negli ultimi anni con gli alleati americani. L’amministrazione Bush, riconoscendo gli sforzi fatti in Afghanistan per sostenere prima la risoluzione Onu e poi la Nato, ha sempre elogiato poi l’impegno italiano nella “coalizione dei volenterosi” che ha sostenuto la liberazione dal regime iracheno. Il rapporto comunque buono sin dai tempi del Kosovo tra Clinton e l’allora premier Massimo D’Alema, e un consolidamento efficace passando per Bush e Berlusconi hanno fatto si che l’Italia fosse la prima interpellata per eventuali posti di rilievo in tutte organizzazioni internazionali ( si ricordino le voci su un possibile ruolo della Bonino sia all’Onu, sia al Wto). Dopo l’11 Settembre l’Italia ha dimostrato di essere presente sulla scena internazionale da un punto di vista politico come già ricordato, e da un punto di vista militare, essendo la terza nazione per numero di soldati dislocati nelle aree più pericolose del mondo. Chi non apprezza nel mondo i nostri soldati? Chi non apprezza il genio della marina? Chi non apprezza i reparti speciali dei Carabinieri del Tuscania?

L’attuale esecutivo, sulla scia del grande risalto internazionale già conseguito negli anni precendenti, ha indubbiamente affrontato la vicenda Libano con un pragmatismo non indifferente, peccando forse per rapidità, ma con un ritorno politico comunque di ampio raggio. Si è riusciti a catalizzare la simpatia soprattutto tra i “paesi non allineati” e tra i banchi degli Stati arabi più moderati, come il Qatar e la Giordania.

I perché di un consenso così ampio all’Italia sono quindi facilmente intuibili. Come già detto, è un percorso nel tempo e fatto di numerose tappe.

Spiace che ci si attribuiscano meriti personali intrisi di troppa demagogia.

L'incubo di una società multietnica


“L'Islam tra dieci anni sarà nel cuore degli italiani .I veri

musulmani faranno il loro dovere di mostrare il vero volto

dell'Islam: quello della pace e del dialogo”


“L’Islam è il bene, per questo tra poco dominerà il mondo”




Abu Shwaima, imam di Segrate, è uscito allo scoperto. Ma non con frasi minacciose, lasciate volutamente da parte. L’animo della discussione ha preso una piega sostanzialmente diversa: non è più tempo della rabbia, dell’invasione forzata. E’ tempo del dialogo con la parte forte, sicura di sè, detentrice della Verità Assoluta. L’ora del rovesciamento è vicino, ma non avverrà con la spada, ma con la benevolenza che solo le “genti musulmane” sanno esporre e offrire al fratello miscredente.

Stupirsi di queste frasi è quasi impossibile. Lecito è, però, rimanere per lo meno dubbiosi sul tono delll’Imam. Lecito è interrogarsi sul nostro futuro, sul futuro dei nostri figli, e di quelli che verranno. Obbligatorio diventa, interrogarsi su cosa le istituzioni europee stanno sbagliando, su cosa la gente comune non riesce a percepire.

L’immigrazione è fondamentale per l’Europa” è una frase che almeno una volta tutti avranno sentito pronunciare da un esperto (o auto-ritenuto tale) alla tv o alla radio. Francamente è una frase giusta, obiettiva, che comprende l’invecchiamento progressivo della popolazione europea, il cambiamento dello stile di vita in collegamento con la necessità di manodopera (chi le raccoglie le patate?) e una giusta dose di carità “territoriale” nei confronti di popolazioni devastate da guerre e da fame. Ma tutte queste cose le sappiamo già.

Sarebbe necessario spingere più a fondo il discorso. Non bisognerebbe fermarsi alla prima risoluzione senza porsi chiarimenti sulle conseguenze.

Perchè nessuno si chiede se esiste un’angolo della terra dove l’integrazione tra culture ha mai funzionato?
Il più grande esempio di “paese di immigrati” sono gli Stati Uniti. Qualcuno si è informato sulla situazione attuale? Nello splendido libro appena uscito di Giavazzi ed Alesina “GOODBYE EUROPA”, gli autori sottolineano numerosi aspetti di questo argomento:

“ Le comunità americane con popolazioni più frammentate dal punto di vista razziale, hanno governi meno efficienti, corruzione e clientelismo sono più diffusi, il tasso di criminalità è più elevato e per ogni dollaro di tasse ci sono meno benefici pubblici. In breve, le città conun’elevata frammentazione razziale hanno più problemi sociali e meno capitale sociale anche se alcune di loro sono produttrici di ricchezza a livello nazionale, come New York e Los Angeles

Il disagio e le imperfezioni di una società multiculturale sono davanti ai nostri occhi e non c’è assolutamente bisogno di andare oltre l’Atlantico. Basta guardare le periferie francesi, i quartieri colonizzati di Nizza, e tante altre città inglesi, come tedesche, come italiane.

E’ davvero cos’ necessaria l’immigrazione? Si, ma perchè è diventata così strettamente necessaria? Certo è che lo Stato poco ha fatto per introdurre politiche di incentivazione relative alla famiglia e alla “proliferazione”, manovre troppo costose e onerose per governi sempre alle prese con gruppi di interesse e frange estremiste.
I governi europei sono stati a guardare mentre cambiamenti sociale enormi stavano trasformando le comunità presenti in Europa, e invece di fare da perno con politiche d’appoggio alla famiglia, hanno preferito la scorciatoia “extra-comunitaria” con tutto quel che si porta dietro.

E mentre la famiglia italiana è alle prese con il caro-benzina, la rata dell’asilo, le enormi spese di istruzione, il gas e tutte le rimanenti voci, molti comuni trovano giusto offrire agli immigrati un tetto dove vivere, pagare luce e gas, e favorire i loro figli nelle liste di iscrizione nelle scuole materne ( e tutto questo perchè l’immigrato vuole tenere a casa la moglie).


Laddove gli interessi degli italiani sono sacrificati per far posto a politiche “umanitarie” di questo genere, siamo di fronte a una carità ingiustificata e completamente politicizzata.

-L-