domenica, settembre 30, 2007

Hamas Vs Fatah

(ANSA) - GAZA, 29 SET - Nove feriti di cui 2 gravi in una rissa esplosa fra sostenitori di Hamas e Fatah in una moschea a Khan Yunis a sud della striscia di Gaza. Lo scontro, avvenuto durante la preghiera della sera, sarebbe esploso dopo che un imam vicino ad Hamas avrebbe iniziato a tenere il suo sermone prendendo il posto del predicatore di Fatah. Nella rissa sono stati usati bastoni, sedie e coltelli ed anche armi da fuoco. Sono in corso indagini per l'identificazione dei responsabili dei ferimenti.

(fonte ansa)


Due popoli, 3 stati. Questa sembra la dura realtà......

Taliban al potere?

Karzai apre ai taliban. La notizia per la verità non è nuova. Già da un anno sono frequenti i contatti tra Kabul e le provincie più a sud del Paese, dove sono presenti gli avamposti dei “ribelli” afghani.

La mossa è importante perché mai l’amministrazione afgana è stata così diretta nel chiedere ai Taliban di rientrare sulla scena politica.

Tra l’altro la dichiarazione è avvenuta dopo la visita di Karzai negli U.S.A. Si suppone quindi che ogni decisione sia stata concordata preventivamente con Bush e con gli Europei.

Far apparire civili persone incivili potrebbe essere importante per una sorta di riappacificazione nazionale.

Meno di un anno fa la nostra classe politica polemizzava sulle parole di Fassino che invitava anche i taliban alla conferenza per l’Afghanistan. Karzai sta quindi seguendo l’idea del segretario dei DS? Piuttosto ancora una volta è la nostra classe politica che dibatte di nulla, dimenticando il corso degli eventi.

Il punto è però un altro. Ammesso e non concesso che i taliban appoggino ancora in modo esplicito Al-Qaeda, l’assunto fondamentale della guerra è stato che dottrina Bush permettendo, “ chi aiuta i nemici degli U.S.A, deve essere colpito preventivamente”.

Allora, mi chiedo. La decisione di tendere una mano all’aiuto del nemico da parte di Karzai ( e quindi si pensa anche degli U.S.A) è stata presa per quale motivo?

Da un punto di vista militare potrebbe trattarsi dell’impossibilità tecnica di una completa incursione per rompere del tutto le ultime sacche di resistenza. A quel punto però sarebbe un’ammissione di sconfitta davanti a un paese che ha già portato male all’orso russo.

A livello politico invece la situazione sarebbe quindi più grave di quello che si pensa. Il consenso taliban sarebbe quindi in crescita. L’indifferenza pashtun davanti ai taliban non aiuterebbe.

In questo caso in tentativo di inglobare sulla scena i taliban potrebbe portare a un ridimensionamento della proposte già avanzate a Karzai.

Il pericolo è però che il sogno di riconciliazione svanisca come sta svanendo in Palestina.

Portare Hamas al potere non ha eliminato la vocazione ideologica militare

venerdì, settembre 28, 2007

USa e UE uniti contro la Birmania

L’aumento della benzina fa brutti scherzi in un Paese che da 40 anni è sotto un regime di stampo militar-socialista.

L’ONU come al solito è bloccato per i veti incrociati di Russia e Cina.

Oggettivista lo spiega molto bene qui. Jim Momo sottolinea come anche l’India, la più antica democrazia del mondo, non si faccia scrupoli nel tutelare la giunta birmana ( qui). La cronaca degli eventi è crudele. RDM20 la spiega qui ed Enzo Reale qui.

Un aiuto a come stanno veramente le cose i blog in questo caso lo stanno dando.

Giornalisti free-lance che rischiano la vita per informare su uno dei più sanguinari regimi ancora esistenti sulla faccia della Terra.

Regime che ha portato per una volta alla stessa identità di vedute dei due attori più importanti sulla scena internazionale: Usa e Ue.

Dopo i malumori afghani e la rottura irachena, finalmente il vecchio continente viaggia unito all’Amministrazione Bush almeno nelle intenzioni. Le sanzioni per ora appaiono come minimo denominatore comune che potrebbe sbloccare i veti che vengono da est.

Un passo avanti dunque, dopo il problema Iran, verso la strada della riconciliazione globale tra Marte e Venere ( Kagan).

Temi come il riscaldamento globale, il terrorismo, e resistenti regimi sanguinari come la Birmania, non possono venire affrontati da punti di vista differenti.

Strutture orizzontali come Al-Qaeda, di per sé difficili da identificare, devono almeno sapere che la Comunità internazionale nella sua maggioranza è schierata su una determinata posizione.

Apparentemente le sanzioni sembrano poca cosa verso un regime che è abituato all’isolamento economico e politico. In Corea del Nord la situazione è forse più facile perché Kim e il regime hanno politicamente commesso un errore che si sta rivelando grava: il nucleare come deterrente.

Mossa che ha allarmato la comunità internazionale e messo in difficoltà anche la Cina e la Russia.

In Birmania, gli interessi economici praticamente sono inesistenti, e per la Cina in primo luogo, cedere alle pressioni internazionali sarebbe in questo caso più complicato.

Intanto il regime va avanti. Parla anche di risposta “moderata”. Probabilmente perché negli ultimi anni, sa di avere agito in modo molto più brutale.

Pare comunque che le proteste da più parti del mondo ci siano. Il consenso dunque è unanime nel condannare quanto sta accadendo. Le manifestazioni di piazza sono più lente da organizzare non essendoci chiaramente una democrazia contro cui manifestare ( Usa, Israele, Francia ecc.).

Per una certa sinistra manifestare contro un regime sembra strano. Ma col tempo ci arriveranno forse anche loro.

giovedì, settembre 27, 2007

Maggioranza in crisi

Alla Camera incidenti parlamentari per la maggioranza…

Il liberalismo può essere " compassionevole"?

Giavazzi ci ricorda sempre come il liberismo possa essere un valido strumento per le politiche economiche del centro-sinistra.

Da più parti si eleva il concetto di “liberismo compassionevole”.

In questo modo si cerca di dare un’etichetta sociale a un concetto di mondo e di persona che sociale non è. Il mercato è un gioco tra attori che concorrono per un obbiettivo. La competizione è la base del funzionamento della domanda e dell’offerta sia se parliamo di mercato elettrico, del lavoro, o finanziario. Se accetti di competere ci sarà sempre qualcuno che se ne avvantaggia e qualcuno che perde. Quindi ci sarà chi sta meglio e chi sta peggio. L’incentivo all’individuo dovrebbe essere quello di migliorarsi sempre. Con questa logica si basano le economie più sviluppate.

Giavazzi ci ricorda sempre come aiutare i deboli sia non tanto aiutare i pensionati, ma aiutare i giovani. Anche io penso sia vero. Il problema della sinistra, che Giavazzi non sottolinea, è che la sua classe dirigente non riesce a concepire l’aiuto, se non tramite “togli a uno per dare a un altro”.

Questo non è altro che un concetto di classe, che non può che portare all’egualitarismo, nemico appunto di chi si professa liberale liberista.

Essere “compassionevole” non credo sia accettare la flessibilità o le regole.

In un sistema che si sta evolvendo la flessibilità e la mobilità sono fisiologici nel mercato del lavoro. La differenza la fa chi l’accetta prima e chi dopo. Ma prima o poi tutti ci arriveranno.

Stessa cosa per le regole. Nei mercati come quelli attuali, incerti, instabili e costantemente a rischio bolla,pensare a mercati liberi e lasciati alla “mano invisibile” smithiana fa sorridere.

Da un mercato libero a un mercato delle regole il passo è stato breve. Il punto non è che chi accetta le regole è meno liberista di chi le regole non le concepisce nel mercato. Il punto è che spesso senza regole sparisce il mercato stesso.

Da liberale invece si dovrebbe sottolineare come gli eventi e la società dovrebbero plasmare la classe politica e le sue idee. Se il mondo si evolve, la politica dovrebbe recepire ed adeguarsi, senza usare come una clava principi ed etichette in nome della stessa competizione politica.

Clinton e Blair non erano liberalisti convinti. Hanno solo capito che le rivoluzioni fiscali ed economiche degli anni prima andavano mantenute in quanto “giuste”, non in quando politicamente accettabili.

I principi rimangono, è la politica che si evolve. Etichettare come “compassionevole” chi è liberista però “non del tutto”, fa parte della demagogia politica e di quel deformismo intellettuale tipico di chi predica bene e in molti casi non razzola proprio.

Giavazzi e Alesina patteggiano per una parte. E’ fisiologico in un mondo che si schiera costantemente. Cercano di portare il loro contributo riformista a una causa che nasce e che sperano non prenda derive conservatrici. Fanno un lavoro sporco però.

Il liberalismo è un’arma preziosa ma che va usata in una certa maniera. Il problema però è a chi servono le riforme.

Non si tratta di capire se Adam Smith, Mill, o Ricardo erano di destra o di sinistra. Le riforme vanno fatte nell’interesse della gente, non della classe dirigente.

Il liberalismo non può essere etichettato di destra o sinistra per il semplice fatto che è scomodo quanto di qua e quanto di là, proprio in quanto libero.

L’idea stessa di politica non è del tutto conforme alla libertà. I politici e gli economisti farebbero bene a pensare a dare meno etichette e fare più riforme. Solo quelle ci diranno chi è liberale o no, indipendentemente dal colore politico.

Grillo poco violento per il "Manifesto"

Dal manifesto reclamano più violenza. Secondo il giornale fondato dalla Rossanda e Parlato, Grillo sta diventando lo specchio dell’antipolitica e l’unico che se ne avvantaggia è l’antipolitico per eccellenza: Il Cav.

Il “Manifesto” quindi non si smentisce mai. Non basta avere nella propria area un Farina che condannato per lancio di bombe e lotta armata, si proclama condannato, ma in nome delle lotte sociali ( tirare bombe fa bene al sociale? ). Ora assistiamo anche a consigli di forzare la mano.

Mettere ancora più demagogia e violenza verbale sembra la carta giusta per inglobare il “giullare” nell’alveo della sinistra. Loro dicono che in realtà mettere più violenza significa semplicemente fare satira.

A me pare invece che alzare i toni personali verso i singoli politici non possa che portare la gente all’odio verso una politica che va corretta, non sfasciata.

mercoledì, settembre 26, 2007

Ma la società non è meglio della "casta"

Il Corriere come al solito da spazio ai vari delusi del centro-sinistra.

Nicola Rossi ci spiega come il problema della maggioranza sia di carattere culturale e non politico. E’ per questo che il popolo protesta, ed è stufo di una politica che sembra essere sempre più lontana dalla gente. Attendiamo solo il rifugio sull’Aventino ormai.

Ma la politica, pur nelle sue pecche e nella sua malattia, nel concetto stesso della parola politica, non è meglio della società.

La classe dirigente è lo specchio della società.

In un paese dove il 30 % del Pil è evasione non si può pensare che i politici si facciano scrupoli ad acquistare palazzi interi a Roma a prezzi stracciati. E’ tipico della nostra società pensare solo al proprio orticello. Si è sempre distinto non il più bravo, ma il più furbo.

Una società che vive di rendita e si scopre parassita di se stessa ha 30 parlamentari condannati in via definitiva. In altri Stati non sarebbe tollerato, ma non sarebbe tollerato neanche che il tempo medio per trovare lavoro in Italia per un neo-laureato è di 100 giorni.

La casta è li. Tira a campare. In mezzo alla casta ci sono persone oneste e altre meno oneste. Ma anche i giornali che leggiamo rappresentano una casta. Anche quando andiamo dal commercialista per la dichiarazione dei redditi o dal notaio per una carta, siamo in presenza di “caste”. Così come quando apriamo un conto corrente.

Il problema è che l’Italia da sempre vive di “caste”.

I costi della politica c’erano anche vent’anni fa. Alla gente andava bene. Perché lascia fare. Fin quando la gente non è pressata dalla politica e dal progresso lascia fare. Ha lasciato fare per cinquant’anni. Ora si ribella.

Un altro difetto dell’italiano medio è quello di farsi influenzare da tribuni popolari, raccogliere lo scettro della protesta, manifestare, urlare, e poi chi si è visto si è visto. “ Can che abbaia non dorme”. Altro tratteggio tipico di una società che protesta contro se stessa.

Grillo, costituzionalista di indubbia fama, ci dice che per colpa di questa legge elettorale, le nomine sono decise dall’alto. E’ per questo che i condannati siedono in Parlamento.

I condannati sedevano anche prima del 2001 però, e quei condannati sono stati condannati per atti commessi anche prime del 93, mentre sedevano ( già?!! ) in parlamento.

La legge elettorale è importante ma non credo sia la cura per risolvere i problemi del Paese.

Una società corporativa, chiusa, eguale si merita la classe politica che abbiamo.

Una classe politica che non rispetta le promesse fatte è la stessa dirigenza eletta da cittadini che progettano l’inverosimile e realizzano poco o niente, con il risultato che i peggiori stanno qua e i migliori vanno all’estero perché li progettano, hanno idee, e le mettono in pratica queste idee.

Il popolo vuole farsi sentire certe cose, perché il “rincuorare” è nello spirito umano, e nello spirito di una società che si crede grande, ma in realtà vive sull’apparenza e sulla false promesse.

Una società che parla politichese e si vuole sentire parlare in politichese.

martedì, settembre 25, 2007

Ad Ahmadinejad rispondere con i fatti










Il presidente iraniano lo conosciamo tutti. Sappiamo come la pensa. Sappiamo come ragiona. E’ stato invitato a parlare alla Columbia University, e questo ha scatenato un putiferio.

Nel merito, il solo fatto che l’Hitler del 2007 proponga un referendum sullo stato di Israele fa tremare le ginocchia. Ma mi chiedo, è giusto chiamare un personaggio così scomodo e metterlo nella condizione in cui lui metterebbe un interlocutore, se ci trovassimo all’università di Teheran?

E’ giusto mettersi al suo livello, obbligandolo a risposte secche?

Ahmadinejad a casa sua farebbe così.

Non conoscendo cosa sia lo stato di diritto e il mercato delle regole, non sa cosa possa essere l’obiezione, la divergenza, il contrasto.

Il presidente iraniano a New Jork ha fatto la figura della vittima. Una vittima davanti all’imperialismo occidentale che pretende di avere sempre ragione.

A questo signore, a mio parere, bisogna rispondere con i fatti. Se lui pretende di essere l’assoluto e il braccio politico del Consiglio Supremo degli Ayatollah, allora ci spieghi le sue affermazioni.

Sul terreno della demagogia e dell’offesa vince lui. Vince chi la pensa come lui. Vince l’intolleranza.

Le proteste civili in piazza sono in sale della democrazia, ma ogni tanto sarebbe curioso chiedere ad Ahmadinejad il senso delle sue accuse, e delle sue affermazioni. La giustificazione delle fesserie che ci propina ogni giorno.

In questo modo, con la cultura, e i fatti, è possibile abbattere quel tessuto di dogmi e valori assoluti, di cui è intrisa la mente di un uomo tanto determinato, quanto senza scrupoli, come il presidente iraniano.


lunedì, settembre 24, 2007

Juve e Roma.Pari giusto. Brilla la Fiorentina

La Juve pareggia a Roma. Un pareggio arrivato per due motivi. In primo luogo la Roma ha presentato la stessa formazione di mercoledì, e quindi ci si poteva attendere comunque un calo fisico nella ripresa.

In seconda battuta la formazione d’emergenza ideata da Ranieri mette in difficoltà una squadra quadrata che gioca palla a terra come la Roma.

Mettere Iaquinta largo sulla destra vuol dire stoppare la fascia. Mancini non è uno che torna e rimanendo isolato, finisce nella tela del fuorigioco Juve, ieri finalmente attuata bene.

I tre centrocampisti mediani con un Nedved sacrificato danno la garanzia al centrocampo di non essere in inferiorità numerica davanti a un vero e proprio gioiello come quello romano. Tutto sommato le mosse di Ranieri hanno funzionato. Unico neo la difesa, dove Criscito forse ha capito che è indietro di 10 kg rispetto al peso forma, e Andrade perso fino a fine anno.

Tornerà sul mercato la dirigenza?

Una Juve buona quindi, ma prevedibile. I problemi rimangono. Non c’è nessuno in grado di fare gioco. Almiron e Tiago sono da rimandare ( per quanto?), e l’unico nelle idee del tecnico che funge da registra dovrebbe essere Camoranesi. Purtroppo l’asso italiano è infortunato. Ora c’è Iaquinta. Garantisce l’allungo della squadra, ma servirebbe qualcuno di qualità in mezzo al campo.

Con una squadra fisica come l’Inter o verticale come il Milan dubito che si possa pensare di proporre una squadra di emergenza. Servirà un’armonia tra i reparti e una qualità di gioco che al momento non c’è.

L’Inter fatica comunque. Non sembra la squadra trita tutto dell’anno scorso, ma a mio parere il problema è la preparazione. Mi pare che Moratti e Mancini abbiano puntato a fare una fine di stagione in crescendo, un po’ come il Milan l’anno scorso. Attendiamo quindi di vedere se in primavera l’Inter potrà puntare a una coppa che manca da quarant’anni.

Il Milan è il Milan. Lento in campionato e presente in coppa. Sembra quasi che sia nella sua storia e nella sua natura giocare di notte dopo il celebre inno preso dai Queen. Una squadra nata per soffrire che preferisce la lentezza e il clima del mercoledì, piuttosto che i campi spesso disastrati e il rude gioco di casa nostra.

La Fiorentina e l’Atalanta rappresentano assieme all’Udinese le realtà più interessanti di queste prime giornate. In particolare la Fiorentina dimostra, anche cambiando gli uomini, di avere un’organico all’altezza per mirare alla Champions. Non sarà facile, soprattutto quando la Juve recupererà quasi tutti gli effettivi, ma Prandelli sa che ha a disposizione una squadra che può mettere in difficoltà chiunque. Una squadra che al netto delle penalizzazioni ha fatto 3 punti in più della Roma negli ultimi due anni. Firenze attende qualcosa di grande.

Prandelli è l’uomo giusto per realizzare i sogni di un’intera regione.

Ieri lo United ha affondato il Chelsea. Buona prova del Manchester che ha spazzato via le voci di chi diceva che il dominio dell’anno scorso era irripetibile.

Chelsea che sembra sempre più vicino a Ronaldinho, vittima di voci e gossip da far rabbrividire quelli nostrani. Dopo le dimissioni di Mourinho, anche i suoi più grossi detrattori avvertono la mancanza di un personaggio scomodo, ma capace di creare un gruppo con una rosa piena di campioni, ma difficili da incastrare.

Incastro che sembra invece premiare le parole di Sir Alex Ferguson sull’Arsenal.

Effettivamente senza Henry la squadra sembra più libera e anche se con tanti giovani, sembra possa ripetere gli exploit di due anni fa. Fabregas e Adebayor sono i veri trascinatori di un gruppo che gioca a memoria e che ha nel suo allenatore il vero fuoriclasse.

Real Madrid impacciato, fatica e pareggia all’ultimo con una rete dell’ex bluagrana Saviola. Chissà se Schuster si affiderà di più a lui ora, visto l’opaco avvio di stagione di Higuain.

Barcellona che torna terzo grazie al gioiello Messi, probabilmente ora il più forte giocatore del mondo. Sua la doppietta che ha stesso il Siviglia, sempre più in crisi dopo le sconfitte internazionali con Arsenal e Milan in supercoppa.

Note positive per il calcio italiano sono i 4 gol di Toni in 5 partite in Germania e la doppietta di Giuseppe Rossi in Spagna dove entrato all’80’, ha disfatto le ambizioni del neo promosso Murcia.

Il Villarreal con Giuseppe Rossi, Nihat, e Tomasson può ambire sicuramente a un posto in Champions.

Pericolo Iraq per l'Afghanistan?










Siamo in Afghanistan da 6 anni e più passano i giorni e più crescono i dubbi e le ansie legate alla missione. I due militari italiani sono stati liberati, ma non si può non vedere come la situazione è decisamente più complessa di come si prospettava.

La tanto temuta discesa dalle montagne dei Taliban in primavera non c’è stata. Merito delle forze alleate o incapacità di organizzazione dei Taliban? Di certo è che nelle province di Herat e Kandahar sono continuati gli attacchi verso le forse americane e le forse Isaf, e a nulla è valso il tentativo di Karzai di raggiungere un accordo con le fazioni che appoggiano in modo dichiarato i Talebani.

L’Afghanistan è un territorio denso di incognite e la composizione del territorio non aiuta le forze alleate. Già nel 2001 l’Alleanza del Nord, le truppe meglio equipaggiate su cui potevano contare gli U.S.A, hanno registrato difficoltà nel fare piazza pulita nella regione del Waziristan, tra il Pakistan e l’Afghanistan, dove si presupponeva fosse la base operativa di Al-Qaeda.

Dopo 6 anni il problema iracheno torna alla luce anche qui.

L’obbiettivo militare è stato raggiunto, anche se voci dicono che Karzai governava fino al 2005 solo a Kabul, e ora neanche tutta la città è sotto la guida del nuovo governo. La politica lascia a desiderare.

I taliban, grazie al commercio dell’oppio ( 98% del mercato è afgano) hanno raggiunto un buon grado di indipendenza e l’etnica pashtun tacitamente non rinnega che sotto il regime non si viveva poi così male. Etnia che tra l’altro è determinante per la sorte in Pakistan, dove Musharraf è in bilico tra le pressione americane e l’estremismo islamico che dilaga.

Fiore all’occhiello della guerra al terrorismo, l’Afghanista sembra ora inviso da gran parte dell’opinione pubblica. I continui attentati non aiutano di certo né l’Amministrazione Bush, bisognosa di vittorie politiche per arrivare alla presidenziali con un buon credito, né l’Europa dove i governi hanno scommesso sull’Afghanistan per distanziarsi proprio da una guerra dichiarata come “unilaterale” come quella in Iraq.

Non si può andare via ora anche dall’Afghanistan ovviamente. Rimane il fatto che il tempo trascorso è complessivamente fino ad ora più lungo rispetto alla prima e la seconda guerra mondiale. Tentare di inglobare i Taliban al potere potrebbe essere una mossa realisticamente interessante.

Potrebbe essere un deterrente contro le aspirazioni di ribaltamento politico dell’ex regime, anche se è comunque rischioso dare una mano a chi la dava ( dà) a sua volta ai terroristi.

Se l’offensiva di primavera non ha dato i suoi frutti probabilmente la guerriglia non è poi così organizzata come si temeva e allora prima dell’inverno urgerebbe un blitz tra le montagne, data la differenze di uomini in campo tra Nato e U.S.A.

Si deve andare avanti allora, per portare pace a un popolo che tra 30 anni è massacrato e in guerra.

Il pericolo è evidente però.

Una guerra di logoramento anche qui però come in Iraq, rischia nel lungo periodo di rafforzare il terrorismo, galvanizzato da un Occidente debole e incapace di andare fino in fondo dove è chiamato a difendere la libertà.


giovedì, settembre 20, 2007

Emilia Romagna regione grassa!

Scandalo!

In Emilia – Romagna siamo tutti grassi!!!!!!!!

Dove sono le politiche anti fast food del Governo?

Mourinho se ne va!!!!!!!!!

La fine di un mito…..

Bye Bye Jose…

Politica Amica Nemica della RAI

Padoa Schioppa dice che secondo lui il male della RAI è nella politica.

Anche secondo me è così, però è chiaro che il Ministro, non può, anche se da tecnico, far finta di nulla.

La politica non ha mai fatto nulla per smuovere il carrozzone RAI, ma è la stessa politica che ha i mezzi per rimettere in sesto le cose.

E’ la politica che può far si che l’Isola dei Famosi e gli scontri Cecchi-Paone Ventura non siano in prima serata. Se la soluzione privatizzazione appare troppo drastica ci dica la classe dirigente cosa ha intenzione di fare.

Mi pare che la soluzione più condivisa una Fondazione con il coinvolgimento dei privati. Se giornali e parlamentari si occupassero meno di poltrone e poltroncine, farebbero una cosa buona al servizio del Paese.

Discutere di come ristrutturare radicalmente l’azienda e di come utilizzare al meglio il canone sono le cose che più interessano alla gente.

lunedì, settembre 17, 2007

Grillo "vorrei ma non posso" della sinistra

Grillo è un prodotto della politica. Si sa. E’il tentativo di colmare questo vuoto nazional-popolare dovuto alla mancanza di idee di una classe dirigente che negli anni non si è mai saputa rinnovare.

La nomina clientelare al posto del metodo meritocratico, le tante parole e i pochi fatti, le promesse mai mantenute, sono tutti sintomi di un malessere diffuso da più parti tra l’elettorato.

Grillo è tutto fuorché stupido, l’ha capito. Ha capito che il popolo è stufo.

Buttandola sul personale e denunciando più che proporre, il comico genovese tiene alto il livello dello scontro prendendosela con la Casta.

Quando c’era il Cav al Governo il problema era lui. Le manifestazione e le ore di sciopero erano continue. C’era una maggioranza silenziosa che attendeva risultati e riforme, e una parte del Paese che inveiva contro il premier, ladro e usurpatore di poteri.

Ora la maggioranza è cambiata. Le promesse sono state tante e i fatti per ora quasi nulli. La parte del Paese che aggrediva lo psico-nano sa che non è colpa sua ora. Sa che il problema quindi in Italia quindi non poteva essere il Cav in seè e per sé.

Da questa voglia di rivincita verso la politica, a metà tra la denuncia vera e propria a Prodi, e la protesta in generale verso la politica, spunta Grillo, predicatore di altri tempi.

Lui, non sarebbe mai esistito nei cinque anni berlusconiani. Non poteva. Perché per tanti aspetti il Grillo era l’opposizione, che denunciava ma non proponeva, e manifestava con un soffio di demagogia che, dobbiamo darne atto, il centrodestra non sta attuando per ora.

Grillo quindi prodotto della politica, ma confezionato ad arte da una parte della politica che vede in lui sotto sotto un esaltatore di piazze come per anni sono stati loro.

Un “vorrei ma non posso” perché il rischio è il populismo.

Un “vorrei ma non posso” tipico delle classi progressiste del Paese, dove la parola d’ordine è il “ si ma però..”e alla fine non si fa nulla!

venerdì, settembre 14, 2007

Italia fanalino di coda!

Interessante prospetto riassuntivo di un confronto tra Gran Bretagna e Italia.

Lo studio, per la verità molto sintetico, affronta tutti i temi macroeconomici dei due Paesi e poi il confronto si allarga su clima, energia e sanità coinvolgendo le altre potenze mondiali.

Gran Bretagna in continuo miglioramento sotto ogni punto di vista, grazie anche a un tasso di natalità che non accenna a diminuire.

Si prospetta invece un consistente calo per l’Italia che non favorirà i tassi di occupazione e le % di crescita del PIL.

Proprio l’occupazione è la nota dolente italiana, ma non è un caso visto la situazione politica italiana oggi sui temi del lavoro.

Mi pareva interessante sottolineare solo il tema della sanità.

La % di spesa italiana nella sanità è la più bassa rispetto alle altre potenze mondiali, mentre gli U.S.A, pur non avendo un sistema sanitario nazionale come il nostro, destinano più di tutti gli altri.

La prima cosa che risalta è che noi spendiamo pochi soldi e male. Gli altri tanto e bene.

In più per fare le analisi del sangue il 15 % della popolazione si affida alle cliniche private perché stufa di liste di attesa lunghissime con conseguente tempo perso in ore di lavoro.

A risentirci

giovedì, settembre 13, 2007

Il problema in Iraq è politico

Dopo l’audizione del generale Petraeus alla Camera e poi al Senato, viene spontanea la domanda: ma che fare ora? Ritirarsi gradualmente, ma ritirarsi, o semplicemente riorganizzare le truppe?

Il generale ha chiarito che da qui a Luglio 2008 ci sarà una riduzione graduale delle truppe di terra di almeno 15000 uomini sul campo.

Indubbio è che l’Iraq presenta comunque una serie di ostacoli che nessuno si aspettava, e che analizzati uno per uno possono far capire come sia comunque difficile la gestione della guerra.

I nodi principali, come da più parti sottolineato, sono essenzialmente la questione curda, il terrorismo di matrice sannita, e la grana sciita con l’Iran in posizione per ora defilata.

L’impostazione della audizioni del generale è stata una serie di dati sull’andamento della guerra. Dati confortanti in certi casi, e disarmanti per quanto riguarda quelli omessi, se consideriamo il tasso di morti civili che tutt’ora resiste dopo quasi 6 anni di guerra.

Mi pare che i fatti per ora più positivi sono il ridimensionamento di Al-Qaeda e le truppe del Madhi, di Al-Asdr, che in questo momento hanno deposto le armi in attesa dei prossimi eventi.

Continua inoltre l’addestramento delle truppe irachene e non a caso gli inglesi a Bassora hanno recentemente dichiarato che è possibile mantenere l’ordine anche senza la presenta occidentale.

A mio parere però il problema più che militare è politico. I dati forniti da Petraeus sono interessanti ma forse terribilmente vuoti se considerata l’assenza di una vera politica a lungo termine che possa mettere d’accordo le varie etnie presenti nel Paese. Il problema è sostanziale.

Dopo quasi 6 anni si sta discutendo ora se inglobare gli ex-baathisti nel Governo. La grazia politica andava fatta anni fa, e invece si è preferito aspettare, umiliando sempre di più i sunniti e aprendoli al fuoco degli sciiti, in preda a una voglia di vendetta che fatica tutt’ora a sopire.

Si doveva evitare evitare che la capitale cadesse praticamente tutta nelle loro mani, e la sola forza militare non è evidentemente bastata a risolvere questo problema.

L’Iraq dimostra sempre di più che “la guerra non può essere il continuo della politica”, ma anzi le due cose devono andare di pari in passo.

Testimonianza di questa perdita di capacità politica è anche il giudizio non proprio lusinghiero dell’amministrazione Bush verso il Governo iracheno, ritenuto incapace di rimettere ordine.

Un arma a disposizione rimane l’economia. I proventi del petrolio andrebbero divisi equamente a costo di scontentare la minoranza curda, perché le responsabilità e le attività di gestione della “cosa pubblica” devono essere per forza essere distribuite fra tutte le componenti del Paese.

L’economia invece è stata accantonata, se non per essere utilizzata dai Paesi interessati, che vedono nell’ex Mesopotamia, una mera fonte di approvvigionamento energetico e nulla di più.

Per concludere quindi, se le notizie dal punto di vista militare sono rassicuranti in molti aspetti, bisognerebbe sapere come si sta delineando a lungo termine la strategia politica del Governo, per indire poi nuove elezioni dove ci sia una distribuzione equa di posti di potere e risorse.

In alternativa l’ipotesi è una: stato federale in senso assoluto e ognuno gestisce come pensa quello che ha.

Soluzione questa forse ancora troppo acerba per una paese che è una via della democrazia e non ancora arrivato

mercoledì, settembre 12, 2007

Grillo vira a Destra?

Grillo contro tutti. Protesta il comico più famoso d’Italia.

Volevo porre una riflessione.

In questi giorni mi pare che la protesta di Grillo assomigli tanto a quelle proteste anti-sistema a cui partecipava una certa maggioranza silenziosa.

Correvano gli anni 70 e i militanti di Destra invogliavano il popolo a scendere in piazza contro la partitocrazia e contro il compromesso storico DC-PCI.

In quegli anni la destra, relegata ancora nel ghetto, appariva antidemocratica, nel senso alto del termine, e si rifiutava ogni convivenza con i poteri oscuri che permeavano lo stato centrale. Grillo appare sempre più un capo tribuno, uno spirito libero, apolitico, come amava definirsi Evola.

Parafrasando Splenger nel “tramonto dell’occidente”, Grillo spera in un tramonto della classe dirigente.

La protesta nata dal popolo della V-Generation, assomiglia sempre di più a quei giovani ambiziosi, liberi dall’apparire, che animavano piazza S.Babila a Milano, o la periferia di Roma.

Un po’ bizzarri, un po’ sognatori, un po’ populisti.

Grillo sta cercando di incarnare a pieno un concetto di comunità, e di democrazia dal basso, tanto cara alla destra missina, comunitaria e sociale.


Problema turco per l'Europa

La Turchia vuole l’Europa secondo il ministro Bonino.

L’elezione alla presidenza della repubblica dopo tante vicissitudini è riuscita. Gul è il nuovo presidente e rompe così il tacito compromesso secolare della Turchia dove il Governo è sempre stato a guida islamica e la presidenza laica. I militari sono alla porta e aspettano gli eventi. Bisogna dire che forse per la prima volta dalla nascita della nuova Turchia ad oggi, i protettori della laicità dello Stato hanno perso.

Si potrebbe dire che il popolo ha vinto, anche se troppe sono le sfumature nella realtà turca.

Via quindi, ora con più calma, all’ipotesi di una Turchia nell’Europa. Ma dentro quale Europa? Sembra assodato che prima o poi l’ex impero ottomano sarà parte integrante, ma bisogna vedere in quale direzione.

Tre le questioni da risolvere:

  • Questione curda
  • Problema dell’identità turca punibile secondo la legge se offesa
  • Ostruzionismo di alcuni membri come Francia e Polonia

L’Europa politica come ora non esiste. Prodi auspica un’Europa a due velocità perché se no è impossibile andare avanti. Secondo me il problema è che la Turchia vorrebbe entrare in un’Europa politica quando in realtà la sola possibilità è che si confermi un’Europa esclusivamente economica.

A questo punto il problema è cosa può portare al resto del continente un’economia come quella Turca, con un margine di crescita elevato, ma con dei parametri macroeconomici che sforano i nostri, e una disoccupazione a doppia cifra.

Il ragionamento quindi, se vogliamo o no la Turchia in Europa deve esulare i contesti culturali e rimanere in lucide analisi politico-economiche.

Clima Pazzo

Terrorismo o realtà?

Se è terrorismo mediatico, mossa per intimidire la gente o un escamotage per far lievitare la spesa?

martedì, settembre 11, 2007

A corto di Gas

Peggio di due anni fa.

Questo è l’opinione dell’ENEL. Gas a gocce. Se due anni fa il problema era la crisi russo-ucraina, ora sembra che la situazione geopolitica non porti a nulla di buono.

Il prezzo del gas non andrà in calare e seguirà di pari passo quello del petrolio. La domanda è sempre più alta anche se a mio avviso questo non sarà un inverno particolarmente freddo. Ma se i rigassificatori non influiranno sul prezzo quale potrebbe essere una soluzione efficiente per non rimanere senza gas e non pagarlo oro? Il problema è russo perché Gazprom è monopolista sia nella distribuzione sia nell’offerta.

Una strategia efficiente potrebbe essere quella di diversificare l’offerta anche se i recenti accordi russo-algerini in questo senso potrebbero minare il risultato di abbassare i prezzi.

Se la crisi comunque sarà in tutta l’area europea appare comunque difficile che l’orso russo si butti in questo braccio di ferro, e viste le tensioni con gli ex stati satelliti dell’Unione Sovietica, potrebbe non giovare al suo tentativo di frenare un avvicinamento di tali stati verso il blocco occidentale

Palestina: una Rivoluzione possibile

La Jihad islamica colpisce ancora. Hamas applaude.

Siamo sempre alle solite. Un popolo martoriato da anni di guerra che deve subire i ricatti e le prove eroiche di qualche centinaio di esaltati in preda al fanatismo. Credo che il popolo palestinese sia stufo dei loro leaders, burocraticizzati ( Fatah), e fanatici religiosi ( Hamas), e che auspichi una dirigenza all’altezza per raggiungere in pieno l’obbiettivo: due popoli, due stati.

Abu Mazen sembra un leader allo stremo, e a nulla sembrano valere gli aiuti giunti dal quartetto e da Israele, con Olmert pronto per l’ennesima volta a tendere la mano verso l’OLP.

Soluzioni?

Propongo nuove elezioni su base proporzionale indistinta tra le regioni ( Gaza, Cisgiordania).

Concessione di grazia ai carcerati palestinesi come Barghouti, vero leader popolare amato dalla gente

Ultimo tentativo di dialogo con Hamas inglobandolo, nel processo di pace , a patto di un convincente tentativo di riconoscimento almeno dell’obbiettivo due popoli due stati

lunedì, settembre 10, 2007

Pakistan alla frutta!!

Quando si dice democrazia..

L’esempio Pakistano forse è il più grosso conflitto di interessi della storia attuale.

Un Paese aiutato e finanziato da chi da la caccia a dei terroristi, il quale al suo interno permette l’addestramento e il reclutamento dei terroristi in guerra contro lo Stato finanziatore.

Ultimi sondaggi dicono che la popolazione non sopporterebbe una repressione contro l’etnia Pashtun, considerata il cuore della finanza locale verso i residui Taliban della zona.

Un cane che si morde la coda quindi. Che fare?

Musharaff è sempre più in bilico in mezzo al guado tra gli estremisti islamici e la voglia di democrazia..

Attendiamo..

domenica, settembre 09, 2007

Grillo parlante!!

Grillo contro tutti!!!!

Tutto ok, ma non definiamolo comico. Predicatore, pastore..ma non comico!!