mercoledì, settembre 26, 2007

Ma la società non è meglio della "casta"

Il Corriere come al solito da spazio ai vari delusi del centro-sinistra.

Nicola Rossi ci spiega come il problema della maggioranza sia di carattere culturale e non politico. E’ per questo che il popolo protesta, ed è stufo di una politica che sembra essere sempre più lontana dalla gente. Attendiamo solo il rifugio sull’Aventino ormai.

Ma la politica, pur nelle sue pecche e nella sua malattia, nel concetto stesso della parola politica, non è meglio della società.

La classe dirigente è lo specchio della società.

In un paese dove il 30 % del Pil è evasione non si può pensare che i politici si facciano scrupoli ad acquistare palazzi interi a Roma a prezzi stracciati. E’ tipico della nostra società pensare solo al proprio orticello. Si è sempre distinto non il più bravo, ma il più furbo.

Una società che vive di rendita e si scopre parassita di se stessa ha 30 parlamentari condannati in via definitiva. In altri Stati non sarebbe tollerato, ma non sarebbe tollerato neanche che il tempo medio per trovare lavoro in Italia per un neo-laureato è di 100 giorni.

La casta è li. Tira a campare. In mezzo alla casta ci sono persone oneste e altre meno oneste. Ma anche i giornali che leggiamo rappresentano una casta. Anche quando andiamo dal commercialista per la dichiarazione dei redditi o dal notaio per una carta, siamo in presenza di “caste”. Così come quando apriamo un conto corrente.

Il problema è che l’Italia da sempre vive di “caste”.

I costi della politica c’erano anche vent’anni fa. Alla gente andava bene. Perché lascia fare. Fin quando la gente non è pressata dalla politica e dal progresso lascia fare. Ha lasciato fare per cinquant’anni. Ora si ribella.

Un altro difetto dell’italiano medio è quello di farsi influenzare da tribuni popolari, raccogliere lo scettro della protesta, manifestare, urlare, e poi chi si è visto si è visto. “ Can che abbaia non dorme”. Altro tratteggio tipico di una società che protesta contro se stessa.

Grillo, costituzionalista di indubbia fama, ci dice che per colpa di questa legge elettorale, le nomine sono decise dall’alto. E’ per questo che i condannati siedono in Parlamento.

I condannati sedevano anche prima del 2001 però, e quei condannati sono stati condannati per atti commessi anche prime del 93, mentre sedevano ( già?!! ) in parlamento.

La legge elettorale è importante ma non credo sia la cura per risolvere i problemi del Paese.

Una società corporativa, chiusa, eguale si merita la classe politica che abbiamo.

Una classe politica che non rispetta le promesse fatte è la stessa dirigenza eletta da cittadini che progettano l’inverosimile e realizzano poco o niente, con il risultato che i peggiori stanno qua e i migliori vanno all’estero perché li progettano, hanno idee, e le mettono in pratica queste idee.

Il popolo vuole farsi sentire certe cose, perché il “rincuorare” è nello spirito umano, e nello spirito di una società che si crede grande, ma in realtà vive sull’apparenza e sulla false promesse.

Una società che parla politichese e si vuole sentire parlare in politichese.

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