venerdì, aprile 13, 2007

Il Diavolo in corpo

E cosi il milan è in semifinale. Chi se lo aspettava dopo un’estate così travagliata, che il vecchio Diavolo potesse arrivare quasi in fondo alla competizione più importante per club? Eppure il team di Ancelotti ha dimostrato ancora una volta che le partite vere, quelle che contano, quelle a cui pensi da due giorni prima, non le sbaglia mai.

Il caso ha voluto che si sia evitato il derby tutto italiano con la Roma. L’astuzia di Inzaghi ha fatto si che sulla strada dei rossoneri ci sia la squadra che gioca meglio in Europa. L’orgoglio di Seedorf ha fatto si che in queste semifinali di coppa ci sia almeno un po’ di quel calcio latino, fatto di geometrie e tattica, contro lo strapotere anglosassone fatto di cross e soldi.

Il Milan come gli ultimi quattro anni arriva in fondo quindi. In fondo dove è drammaticamente sfavorita per organico rispetto al Chelsea e allo United, ma paurosamente avanti in fatto di esperienza.

Il modello Anglosassone, figlio di paperoni russi e americani deve fare i conti quest’anno con Maldini e company. Forse basteranno i primi dieci minuti allo United per battere il Milan, come è successo alla Roma, o forse no. Ma sicuramente sarà una lotta fino all’ultimo minuto perché quando c’è di mezzo la Champions il Milan si trasforma.

E’ come una metamorfosi lenta un anno. Tutto ad un tratto esce da quella mediocrità che sfoggia nel campionato, e mette tutto quell’orgoglio che solo il Milan sa dare in partita. Una forza dirompente attraversa il cervello degli 11 che entrano in campo, una forza che esce quando sentono l’inno della champions, e mezza Italia si collega al mercoledì su sky sport 1. Una forza che torna normale quando alle 15 di domenica il Milan torna a calcare i campi nostrani. Una specie di Dottor Jeckill e Mister Hide che tanta magia lascia sui 65000 di S.Siro che ogni anno diventano leoni per una notte grazie alla prodezze di Kakà.

La forza del Milan sta nel gruppo. È un gruppo che aveva solo la Juve, prima che arrivasse Calciopoli. Un gruppo unito, che si chiude a testuggine quando le cose vanno male, e non si esalta alla prima vittoria. Insomma un gruppo umile. Un gruppo che incarna a dovere l’anima del suo allenatore. Una persona semplice, dal quel di Reggiolo, terra emiliana di gente che lavora, gente con i piedi per terra, concreta. E cosi il Milan. Un po’ la sua creatura. Tutti ricordiamo quando è venuto al Milan dopo due anni di secondi posti con la Juve. Dopo gli insulti e l’etichetta di perdente stampata sul volto. Invece è risorto Carletto. Una Champions e uno scudetto vinto. Un’altra champions persa ai rigori e un campionato l’anno scorso, finito a 89 punti dietro una squadra ridotta ormai a una favola del passato.

Il Milan ha la calma dei forti. L’astuzia di gente abituata a soffrire. La fortuna di chi sa che ogni tanto è inferiore sul campo ma superiore nella testa. Insomma, roba da professionisti.

Il calcio non è terra per aridi frombolieri, o meccanici schemi dai e vai. Il calcio è passione, stile, e questo old style rossonero ci piace. Questa umiltà a piccoli passi ci appassiona. Queste formiche operaie, che a piccoli passi ci avvicinano ad Atene, sanno che la strada è lunga. Davanti hanno Golia, che purtroppo è meno impastato e lento di quello biblico. I vari Rooney, i Ronaldo, i Giggs sono ostacoli alti, e forse sarà un revival dell’anno passato dove il Diavolo si è dovuto inchinare a chi era oggettivamente più forte. Ma sappiamo che il Milan se la gioca, perché se no non sarebbe il Milan.

il 24 Aprile saremo davanti alla tv. Curiosi di vedere come si comporterà la squadra più italiana d’italia ma che pensa non da italiana.

Questo è il paradosso di questo Milan. In campo contro il Bayern c’erano 7 italiani su 11 giocatori. Un’ernormità, se pensiamo all’Inter campione d’Italia, dove anche un campione del mondo come Grosso è lasciato in panchina. Questa sfida Inghilterra – Resto del Mondo è affascinante anche per questo, e pur non arrivando a dire che si rivedono le notti di Berlino, diciamo che l’orgoglio nazionale viene fuori.

S iamo fieri di vedere una squadra con ben 6 campioni del mondo che giocano. All’opposto la testa così poco dedicata al campionato, riesce a farci pensare che il Milan soffra in Italia. Che si senta stretta nella mura di casa.

Una squadra che forse si sente Internazionale, e che vuole fare concorrenza a una che lo è di nome, ma che fuori dalle Alpi appare così debole da pensare che sia uno scherzo.


3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il Milan ha l'anima grande, ha un cuore enorme. L'accento internazionale gli si addice. Siamo i paladini dell'italianità sottovalutata. Io ci credo. Fino alla fine. Corno fottiti.

Gran bel Post...

ps. Sei sempre in tempo a convertirti

Anonimo ha detto...

Giudico solo obbiettivamente come stanno le cose. Quando c'è da dare al toro si da al toro.quando c'è da dare alla mucca si da alla mucca..

Anonimo ha detto...

Great work.