giovedì, ottobre 04, 2007

Ma in Russia c'è democrazia?


Dal 2000, anno dell’avvento dell’ex ufficiale del Kgb, tutti si chiedono se in Russia sia ancora possibile parlare di democrazia. Le sortite di Putin ogni anno si fanno sempre più preoccupanti.

Non c’è conflitto diplomatico planetario dove la Russia in qualche modo non sia presente.

L’Onu è bloccato per i continui veti dell’ex Urss e della Cina comunista.

I misteri degli ultimi omicidi politici si infittiscono e appare sempre più coinvolto l’apparato statale russo,anche se in via squisitamente indiretta come è nella nuova tattica di Putin.

Il surriscaldamento globale sembra averci portato almeno un vantaggio: l’inverno non è così freddo come è sempre stato, e Gazprom non ha la capacità di farci tremare i denti per quattro mesi all’anno.

La Russia quindi è nelle nostre teste ed è presente ogni giorno nell’attualità internazionale.

Le elezioni presidenziali tenutesi nel 2000 e nel 2004 sono state vinte da Putin a maggioranze bulgare per la mancanza di una vera e propria opposizione.

Repressioni per manifestazioni di piazza e vincoli burocratici sono state attuate sistematicamente dall’apparato di sicurezza interno della Federazione Russa.

Il 4 Dicembre 2007 si terranno invece le elezioni parlamentari dove il partito del presidente, Russia Unita, sembra non avere rivali. L’ex campione di scacchi Kasparov sta facendo il possibile per portare migliaia di persone in piazza. Ma la gente ha paura. Ha paura come l’aveva quando in piazza c’erano le adunate militari volute da Breznev e Khruščёv negli anni del terrore. Sarà difficile quindi per liberali, comunisti e riformisti ottenere un risultato migliore di quello del 2003 dove con il 40 % Russia Unita ottenne più della maggioranza dei seggi della Duma. Per Dicembre si teme addirittura un risultato ancora più estremo con il partito dell’orso in grado di raggiungere il 50 % dei consensi.

Apparentemente non ci sarebbe nulla di male nei numeri. Nulla di male se uno non sapesse cosa sta accadendo in Russia e come si sta evolvendo il sistema politico interno.

L’altro ieri il presidente russo ha dichiarato che l’addio al potere è rimandato. Al massimo sarà un arrivederci. La Nuova Costituzione vieta che ci si possa ripresentare tre volte di seguito alle presidenziali. Ciò non toglie che Putin possa presentarsi come primo ministro per un mandato per poi tornare il sella nel 2012 per la prossima legislatura. A questo punto tutto si gioca intorno alla nomina che farà il principale partito alla guida del Paese. Russia Unita appunto.

Nel discorso dell’altro ieri Putin ha indicato che il suo successore dovrà essere «una persona perbene, capace e moderna disposta a lavorare in squadra con lui». Insomma, un presidente fantoccio, che, salvo colpi di scena, risponderà al nome dell’attuale premier, il fedelissimo e sconosciuto Viktor Zubkov.

Medvedev, l’altro possibile candidato, figlio del potere energetico e industriale, sembra troppo giovane per prendere il timone della Madre Patria Russia. Si dice anche che sia in atto un tentativo di frenarlo per le sue ambizioni di potere, ritenute troppo esplicite da parte dell’entourage del presidente. Non rimane che Zubkov quindi, uomo di fiducia e sconosciuto. Per questo appunto innocuo. All’inizio del prossimo anno i due si scambieranno le funzioni almeno dal punto di vista formale, ma l’unico vero boss rimarrà Putin.

La stampa russa sostiene che la Russia sta prendendo la forma di una repubblica parlamentare abbandonando il modello presidenziale. Pare però un pretesto, perché la realtà è che nelle prossime legislature il potere sia sempre più stabilmente in mano a Vladimir.

Il regime oligarchico è già tramontato da un pezzo. La “casta” industriale che sosteneva Boris Eltsin ha fatto strada al monopolista Gazprom che ha mangiato via via tutti gli altri protagonisti nello sfruttamento delle risorse energetiche. Lo Stato tramite Gazprom ha epurato e smantellato gli ultimi rimasugli di quella che fu la contro-rivoluzione per la democrazia.

L’ex patron della Yukos Mikhial Khodorkovsky, prima di essere arrestato e spedito in galera in Siberia ha rischiato la vita per essersi messo contro Putin.

E poi lui, l’arcinemico, l’oligarca degli oligarchi, quel Boris Berezovski che ha giurato guerra a Putin, e quindi a tutta la Russia. Il magnate dell’aria e del petrolio era il più coccolato al Cremlino quando c’era Eltsin.

Quando nel ‘99 fu chiaro che Eltsin aveva scelto Putin come successore, per Berezovzki le cose cominciarono a cambiare. Da gestore del potere cominciò a diventare diffidente del potere. Quello era un periodo difficile. La Russia colpì crudelmente la Cecenia e Berezovski sentì che era giunto il momento di cambiare aria.
Anche perché i giudici, senza più Eltsin a proteggere gli oligarchi, tornavano a farsi domande sul suo pacchetto azionario nella compagnia di Stato Aeroflot e sulla legittimità della sua proprietà della Logovaz, l’azienda di Stato sovietica che faceva automobili, privatizzata.
Durante una delle sue frequenti visite a Londra, scelse di restarvi.

Aveva venduto nel frattempo i suoi interessi nei media, fra cui il controllo del giornale economico «Kommersant».
Lasciò così a metà il suo ultimo progetto politico: nel 2000 aveva creato dal nulla uno spontaneo partito politico, «Russia Liberale», che secondo le sue intenzioni doveva unire in un blocco tutti gli uomini d’affari (del suo stampo) «sostenitori del libero mercato».
Partito finito nel nulla da quando manca di spontanei finanziamenti e da quanto i comunisti sembrano l’unico tentativo di andare contro il sistema attuale.

Con Berezovski si è chiusa definitivamente l’era degli oligarchi. Quelli che rimangono rispondono direttamente a Putin. Le libertà economiche in Russia sono arrivate prima di quelle politiche.

Ma tali libertà sono state le prime anche a diventare sempre meno “libere” e sempre più governate dall’alto.

In fondo da prima del ’89 non è cambiato molto. Cosa cambia da uno Stato che domina l’economia a uno Stato che domina un soggetto che domina l’economia ? Niente. Solo il potere passa da diretto a indiretto.

Questa sembra essere la nuova strada per la Nuova Russia, tanto nuova quanto vecchia nei meccanismi e nelle logiche di spartizione del potere.

L’idea balenata al Cremlino di dare a Putin il Governo, in attesa di tornare al posto che più gli compete, non va nella direzione che auspica la Comunità internazionale.

Le recente prove di forza sul sistema missilistico e il riarmo strategico deciso da Putin va di pari in passo con la scalata economica.

Nella basi sul Volga e a Polyarny giacciono ancora i sottomarino classe Kilo, Minsk e Kiev, che tanto facevano paura a Kennedy durante la guerra fredda. Ecco perché ogni tentativo di scuotere l’orgoglio militare russo da parte di Putin, non può non far pensare a ricordi inquietanti e storie che avremmo voluto dimenticare.

Gli Stati Uniti, per bocca della Rice, bocciano senza appello l’idea di gestione del potere indiretto da parte di Putin. Ma stanno in attesa degli eventi, anche perché aprire un altro fronte dopo quello del terrorismo e dell’asse del Male, appare eccessivo anche per un impero globale come quello a stelle e strisce.

Negli ultimi giorni due eventi hanno scosso però profondamente le ambizioni di potere russe.

La Birmania e l’Ucraina.

I monaci buddisti hanno dato fastidio. Il regime birmano non è così brutale come ora i mezzi stampa lo dipingono. Non a caso la protesta è nata su un imprevisto aumento della benzina. Un fatto economico appunto. Non certo per i diritti civili, calpestati si come in ogni altro regime, ma con una brutalità nemmeno paragonabile a quella nord coreana o quella cinese. Chissà se Putin non ha pensato che scene come quelle di Rangoon possano accadere anche a Mosca?

In fondo la situazione, non è poi così diversa. Fa forse solo impressione che il governo russo sia in giacca e cravatta, e invece in Birmania ci sia una giunta militare che governa. Per il resto le analogie sono evidenti.

In Ucraina, timone dell’ex Unione Sovietica, la situazione è complessa e sembra proprio che da qui si possa profilare un intoppo nelle strategie di Mosca.

Dopo che l’asse della rivoluzione arancione della bionda Timoshenko e di Yushenko ha vinto le elezioni il filorusso Yanukovich non potrà reclamare potere. L’uomo fidato di Mosca a Kiev è stato sostenuto con tutti i mezzi da Putin, ma ciò non è servito per tappare la voglia di nuovo della maggioranza del popolo ucraino.

Moti, quelli ucraini, che, tradizionalmente anticipano le sorti del fratello maggiore russo.

Putin lo sa. Per questo Gazprom ha già messo all’erta che se l’Ucraina non rispetterà i suoi impegni di debito nei confronti del gigante energetico, i rubinetti saranno chiusi ancora una volta, come due inverni fa.

Ma Putin sa anche che la Georgia è in attesa degli eventi, e la Nato è un fantasma che si aggira sempre di più nelle stanze di Tbilisi. Se l’ambiguità rimane sul fronte della lotta al terrorismo, con la solita violenza verbale nei confronti dei ribelli ceceni, e i soliti mugugni verso il nucleare iraniano, decisive a questo punto saranno anche le presidenziali americane.

Se l’amicizia con Bush è ben salda e ha garantito un relativo tempo di “pace forzata”, non sappiamo come si svilupperanno gli eventi in caso di vittoria di un’esponente democratico. Calcare la mano potrebbe far impuntare sempre di più Mosca verso l’irrigidimento dei rapporti verso gli U.S.A, cosa non del tutto auspicata da Washington per i motivi elencati sopra.

La democrazia comunque in Russia sembra ancora lontana. Le nubi sul cielo di Mosca non presumono nulla di buono.

Troppo spesso si riconosco a Putin i meriti di essere una grande potenza, lasciando correre omicidi mirati, strategie politiche ed economiche, che non sarebbero tollerati se commesse da altri Stati.

Di frequente si fa finta di non vedere che in un sistema come quello russo non esistono bilanciamenti al potere esecutivo. La magistratura, e il parlamento, per quello che vale ora, sono del tutto asserviti al Cremlino, in stile molto simile a quello sovietico.

Real politik quindi o semplice working progress in attesa degli eventi?

Una cosa è certa.

La Russia lentamente si sta evolvendo. Ma sempre di più sta tornando a quello che era, e a quello che pensavamo fosse morto e sepolto. Chissà quando ci si accorgerà veramente di tutto questo.

2 commenti:

hellstrike ha detto...

Piu che evolvendo direi che si sta involvendo.
Un'evoluzione di ispirazione direi quasi .. sciovinista .. macchè.. stalinista !

Certo che noi in Europa siamo fortunati: A Est Comunisti, a Sud Nazi-Islamisti ...

Riccardo Gallottini ha detto...

Va bene solo il Nord e l'Ovest quindi. La situazione purtroppo mi sa che si è già involuta da un pezzo. Ricordo ancora quando Khodorkovsky mandato in siberia, diceva: non è tutto come sembra. Chiedere a Medvedev per informazioni.
Notizia di oggi. la Francia entra dentro Gazprom. Chissà quanto possa contare mangiare un pò di orso russo a poco a poco