domenica, novembre 19, 2006

Partita con Pyongyang aperta

Dopo l'incontro svoltosi ad Hanoi fra George Bush e il collega sudcoreano Roh Moo-Hyung, i due Paesi hanno ribadito l'inaccettabilità dell'atomica nordcoreana e la necessità di giungere con il dialogo a una rinuncia di Pyongyang in proposito. Questo è il succo della spedizione americana in Vietnam, e questo è il compromesso raggiunto con i cugini “amici” della Corea del Sud. Successo parziale per l’amministrazione Bush, in quanto i risultati ottenuti sono molto politici ma concretamente abbastanza scarni. Seul è d’accordo sulla linea dell’Amministrazione Bush. Di questi tempi, di rivoluzioni elettorali, è pur sempre un fatto che una pedina importante come quella sudcoreana, non si distacchi di molto dagli interessi geopolitici statunitensi. Ampiamente preventivabili erano inoltre le dure critiche rivolte da Roh Moo-Hyung al regime di Pyongyang, tacciando come “intollerabile” l’eventuale uso nucleare da parte del regime. Concretamente però Bush ha dovuto registrare anche alcune obiezioni da un vertice importante come quello di Hanoi.

Il presidente Roh ha detto che la Corea del Sud non prenderà parte nè alla risoluzione 1718 dell'Onu nè integralmente alla Proliferation Security Initiative (Psi), che prevede l'intercettazione di navi da carico provenienti dalla Corea del Nord per accertare che esse non trasportino combustibili o tecnologie nucleari: questo, nonostante Seul ne sostenga i principi e gli obiettivi e intenda collaborare a pieno per prevenire la proliferazione di armi di distruzione di massa. Bush, da parte sua, ha ripetuto che, se il regime di Pyongyang rinuncerà all'atomica, gli Stati Uniti sono pronti a concludere accordi di sicurezza con la Corea del Nord e a prevedere ulteriori incentivi umanitari ed economici per il popolo nordcoreano. Seul e Pechino, nel lungo periodo, sono gli attori più importanti di una partita complessa come quella dell’estremo oriente, che di riflesso può condizionare anche paesi come l’India e il Giappone.

Se nel breve è auspicabile un ruolo di mediatore da parte della Cina tra gli Usa e la Corea del Nord, obbiettivo di Washington è sfruttare questo come deterrente per un’eventuale scatto deciso di Pechino verso l’altro gigante asiatico :l’India. Mantenere i rapporti con il “dragone” per gli Stati Uniti è vitale: come Nixon seppe sfruttare la sua posizione con la Cina, in contrasto alla Russia, così oggi diventa significativo cercare di “tollerare” certe posizioni della Cina per fare si che non tenti un aggancio diretto con l’India in funzione prettamente antiamericana. Per questo diventa fondamentale il ruolo di mediatore che Pechino potrebbe svolgere egregiamente nella partita “ Corea del Nord”.

Seppur come dicevamo prima, Hanoi ha rappresentato per Bush un bicchiere mezzopieno ( o mezzovuoto a seconda dei casi), si è registrato comunque un cambiamento di rotta rispetto alle ultime frasi registrate dall’Amministrazione verso Pyongyang. Anche se le politiche di “regime change” con il regime non sono mai state all’insegna delle dichiarazioni ufficiali, qualcosa è cambiato dopo le recenti elezioni elettorali. Il dialogo, rispolverato più volte davanti al collega sudcoreano, testimonia la volontà di fare rientrare nei ranghi Pyongyang, con una visione realisticamente più praticabile in Oriente. Lo spingersi addirittura fino agli incentivi umanitari per la popolazione nordcoreana, rappresenta un passo avanti per l’Amministrazione Bush, e non potrà lasciare indifferente il regime come quello nordcoreano, dove la popolazione è allo stremo e ridotta quasi interamente alla povertà. Con i problemi dell’Iraq, e la corda tesa sia in Libano che in Palestina, l’Amministrazione non può permettersi grandi azzardi in avanti, e per forza il gioco di rimessa diventa fondamentale contro un regime che alla prova dei fatti fino ad ora ha ottenuto solo un po’ di visibilità in più, tra test atomici molto opinabili e un peso politico nella regione ancora basso rispetto alle “presunte” capacità militari.

In definitiva, se vogliamo rappresentare il fronte mediorientale come unico, l’obbiettivo a medio termine degli Stati Uniti è continuare la politica estera perseguita fino ad ora nell’area, pur con inevitabili aggiustamenti dovuti alle circostanze e alle difficoltà registrate.

Nei confronti di Pyongyang e di tutta l’area invece il metro usato potrebbe essere una via tutta diplomatica, per non aprire un altro fronte, sia dal punto di vista politico, sia verso l’opinione pubblica. Attendiamo gli sviluppi per vedere quali saranno i risultati raggiunti.


sabato, novembre 18, 2006

Brutto momento per il Cavaliere



Il momento politico che sta passando è uno dei più delicati, oltre che uno dei più difficili.

Le incomprensioni sottocutanee (con qualche sporgenza esterna che raffiora in alcune interviste personali) provocano sempre più pruriti alla vecchia e dura (ma curatissima) pellaccia di Silvio.

Alleanza Nazionale è alle prese con il broncio di Fini nei confronti di Storace. La Lega brandisce la spada del Verbo Offensivo davanti alle folle impaurite dai vampiri sinistroidi, ma dietro il baldacchino porge l'orecchio in attesa di qualche proposta che porti alle cosiddette "larghe intese". Le quali, rappresentano soltanto un misero espediente per sopperire all'incapacità della maggioranza di trattare una manovra davvero molto complicata, al contempo però servono ad accendere liti interne all'opposizione, a sfaldarne le già pericolanti fondamenta.
L'Udc, intanto, rimane fedele al suo animo doppio-giochista. Lancia bordate alla manovra finanziaria di Prodi, ma non manca di entrare a piedi uniti addosso a Forza Italia, criticandone le manovre interne, in maniera alquanto viscida.
In questo quadretto tragicomico, il vero protagonista è ancora lui, il Cavaliere. Indebolito, senza più spada nè scudo, ha ormai fallito la spallata decisiva che poteva rifilare al governo Prodi. Così facendo, gli alleati se ne stanno a bisticciare, e piano piano iniziano ad allontanarsi, a bisbigliare sul successore. Quasi fosse un vecchio monarca senza più regno, ancora forte del suo successo popolare. Dall'altra parte, invece, Prodi sta riuscendo nell'impossibile impresa di tamponare le immense lacune della manovra, ricomponendo la squadra di governo e il consenso intorno ad essa.

I giochini del teatrino politico sono sempre più in grado di stupire lo spettatore-cittadino-elettore ormai completamente sconcertato e avvilito. Cosa ci dovremo attendere da questi mesi? Le ipotesi sono tante, anche se, data la situazione, al Cavaliere "non rimane che aspettare la pioggia per non piangere da solo", sperando di non sprecare più opportunità decisive come quella appena passata.

-L-

venerdì, novembre 17, 2006

Lutto nel blog, muore Friedman


Oggi, 17 novembre dobbiamo registrare la perdita di un grande economista. Addio Milton.

mercoledì, novembre 15, 2006

Prodi scarica le tasse sui Comuni

Accolte le richieste degli enti locali. La Camera ha confermato il provvedimento messo a punto dal Governo, che da la possibilità ai Comuni di alzare l’addizionale Irpef dallo 0.5% allo 0.8%.

Dopo mille proteste per i presunti tagli di spesa perpetrati ai danni di regioni e comuni, il governo “cede” dando la possibilità di tassare ulteriormente il contribuente, con rialzi possibili addirittura fino a 200 euro il alcune regioni come la Sicilia.

Il ragionamento del governo è facilmente intuibile. L’obbiettivo dichiarato di Padoa Schioppa è la differenza tra la concessione data agli enti locali di alzare le entrate e il “buon senso” dei enti stessi. L’esecutivo si affida infatti alle mani dei sindaci, che secondo loro, ben consci che un aumento delle tasse non può che andare contro i cittadini, sicuramente si preoccuperanno più di ridurre la spesa, anche in settori chiave come i servizi pubblici locali. Chiaramente un’utopia perché indipendentemente dal colore politico dell’amministrazione locale, nessun sindaco sarà portato a fare un danno ai cittadini, che percepirebbero un taglio ai servizi pubblici come una mossa politica e poco digeribile dal proprio elettorato. Inolte i prossimi due anni saranno caratterizzati da due tornate di elezioni amministrative, e difficilmente i comuni per guadagnare consenso andranno nella direzione auspicata dall’esecutivo.

In tutto questo c’è da aggiungere che probabilmente, e come al solito, sarà il cittadino a rimetterci. Eventuali aumenti dell’addizionale Irpef infatti saranno giustificati con maggiori servizi, che immancabilmente non ci saranno, o si presenteranno come mal gestiti e inefficienti. Credere nel “buon senso” dei comuni, inoltre, per il Governo significa cercare di tamponare le molte critiche piovutegli addosso in questi giorni. Accollando la possibilità di aumento di tasse sugli enti locali, l’esecutivo compie una sorta di scarica barile, che per ora sembra non preoccupare più di tanto i sindaci. E’ noto infatti, che nelle realtà locali risulta molto più semplice giustificare nuove imposizioni, per il semplice fatto che il contatto con i contribuenti è più vicino e diretto. Molto probabilmente tale imposta per ora passerà inosservata, vista , come già detto, la precisa strategia politica governativa. Pare però che, come notano i responsabili fiscali della Uil, l’aumento medio per i cittadini varierà da regione a regione ma che sarà all’incirca di 48 euro l’anno a contribuente. Niente male insomma, considerando come detto prima, eventuali “punte” in certe regioni.

In definitiva il piccolo aumento dell’addizionale Irpef, anche se passato un po’ sottobanco, può pesare nelle tasche dei cittadini molto più di eventuali aumenti del bollo auto, o continui tira e molla sui ticket sanitari. Si attendono con ansia ora eventuali proteste dei sindacati e qualche contrappunto di sindaci meritevoli.

venerdì, novembre 10, 2006

Nancy, George e il futuro


L'animo oppresso da un'ondata di sconforto raffiorava dagli occhi di Bush. Stava seduto sulla sedia, con la schiena dritta (livida,dopo le bastonate elettorali), costretto a complimentarsi con Nancy Pelosi per la carica raggiunta (speaker alla camera), soggetto che gli procurerà non pochi pruriti in questi ultimi due anni. Frasi di rito, anche se leggermente più cordiali del previsto. Frasi pronunciate a bocca stretta, doverosamente cariche di rispetto. L'incontro ha dato la possibilità ai cronisti di constatare come almeno in partenza, le posizioni repubblicane (piegate e costrette a trattare) non siano poi così distanti dalle posizioni democratiche, rappresentate, ieri, dall'elegante quanto fiero sorriso della Pelosi.
Purtroppo, sui giornali si iniziano a leggere numerosi interventi di esponenti del partito dell'asinello. Proposte future, critiche immediate. Con la bava alla bocca, pregustando già le presidenziali del 2008, pianificano, elaborano, scrutano.
Robert Wescott, sul Corriere di oggi, mette sul tavolo l'aumento della pressione fiscale sui ricchi, prevede una stangata per le compagnie petrolifere, e riflette in maniera abbastanza demagogica sul problema della disoccupazione.
Il problema vero è che non cambierà di molto la situazione attuale. Come risultati concreti vedremo un attenuamento delle posizioni estremiste dei repubblicani, i quali, bloccati in fase "legislativa", si butteranno sulla politica estera, un pò come fece Clinton nel '94.
La situazione potrebbe addirittura favorire gli Elephants che, dopo essersi scrollati di dosso le ceneri di questa sconfitta potrebbero ricomporre le fila con una nuova squadra, con più esperienza e soprattutto con un nuovo "ariete", catalizzatore di consensi. Chi sarà? I don't know.

Prodi ammazza l'università italiana

Adesso è ufficiale. Possiamo purtroppo dire che Prodi sta letteralmente chiudendo i rubinetti dell’università e delle ricerca. Guido Trombetti, presidente della conferenza dei rettori c’è lo dice chiaramente.

Per rimediare ai precisi moniti europei circa l’esuberanza della spesa pubblica italiana, Padoa Schioppa e Prodi stanno procedendo verso un prosciugamento continuo di quella che dovrebbe essere il trampolino di lancio per le prossime classi dirigenti future: l’università. La denuncia dei rettori è eloquente. Non bastavano i tagli del decreto Visco-Bersani. Ora ci si mettono anche i nuovi ritocchi presentati sul fondo di finanziamento ordinario per il 2007. Una vera e propria manna per un’università come quella italiana che fa dell’inefficienza e della burocratizzazione asfissiante i suoi “cavalli di battaglia”.

Il problema tutto politico, come nella maggior parte dei casi, in qui si prende in esame questo Governo. L’esubero di spesa pubblica in Italia è dato essenzialmente dalla previdenza sociale e dalla Pubblica Amministrazione. La scuola, la ricerca e l’università dovrebbe rappresentare il settore “buono”, da coltivare per un esecutivo che mette al primo posto della sua agenda i giovani, e lo sviluppo. Invece si procede, su richiesta dei sindacati, a un altro aumento di 100 euro per i dipendenti pubblici, a partire dal 2008, e a continue frenate sulla riforma delle pensioni.

Il problema di questo Governo è piuttosto come dare 10 euro in più al mese agli over 70, sicuro che nella logica prodiana favorirà la crescita. Insomma siamo alle solite : quando si taglia la spesa pubblica perché pressati dall’alto, si favorisce puntare su settori politicamente meno aggressivi, in barba all’efficienza e con un sindacato pressante e troppo presente in parlamento in tutte le componenti dell’attuale maggioranza parlamentare.

giovedì, novembre 09, 2006

Dubbi

In questi giorni non si parla di altro. La condanna a morte all'ex ràis ha scosso gli animi garantistico democratici della bella e vecchia Europa, e dei tanti sostenitori corretti, che tifano per un trattamento "più equo", più democratico, più occidentale. Insomma, tutti quanti a parte Tony Snow portavoce della White House più importante del mondo, sono contrari, anzi, direi indignati.
E l'indignazione è basata su validi ragionamenti a cui non voglio di certo andare contro. Vorrei solo porre alcune domande, e dire perchè sono a favore della pena di morte.

In primis, sono a favore, perchè non è assolutamente vero che la morte per soffocamento di Saddam porterebbe ad una valanga di violenza vendicativa. Il vecchio è solo, e le frange islamiche che lottavano contro gli americani lo hanno lasciato da un pezzo, affiliandosi a qualche altro capo, sicuramente più importante. Tutti lo odiano, e lo odiavano. Come ogni dittatore sanguinario.

Inoltre, come si può pensare che la giovane democrazia irachena possa compiere un simile processo di evoluzione civile in neanche un anno? Laggiù le cose si risolvono ancora così, e anche se non c'è più un dittatore a comandare, i cittadini (consapevoli o meno) hanno deciso, hanno votato. Lasciamo che il tutto abbia corso, ma con una velocità normale. Andiamo a rompere le palle alla Cina, che fa saltare più di 5000 capocce l'anno se siamo così contrari alla pena suprema. O siamo troppo "commercialmente" esposti? Lasciate che Saddam sventoli davanti al suo popolo, e che non marcisca all'interno di un buco.

Se fosse la democrazia ad assolvere la pratica? Non ha forse già assolto torture ad embrioni, miliardi di aborti, matrimoni tra pervertiti? Di cosa ci stupiremmo? de nada

L

lunedì, novembre 06, 2006

Governo di unità nazionale in Palestina

Piccolo passo in avanti nei rapporti Israelo – Palestinesi.

Le diverse fazioni che detengono il potere in palestina, dopo giorni di trattative sono riuscite a raggiungere un accordo per la formazione di un governo di unità nazionale.

I leader di Hamas e Al-Fatah, quest’ultimo attuale partito del presidente Abu Mazen, parlano di personalità “indipendenti e capaci”, che dovrebbe portare a una risoluzione dei conflitti in Cisgiordania e a Gaza tra esponenti del partito del presidente e dei radicali islamici.

Ruolo di mediatore è stato assunto, anche in questo caso da Mustafa Barghouti, personalità indipendente, e fautore di una terza via in Palestina, e attualmente rinchiuso in un carcere israeliano.

Il cambio di Governo rappresenta una sconfitta per gli esponenti di Hamas, che forti del consenso popolare ricevuto alle ultime elezioni, speravano di ripulire la terra dalla corruzione portata dagli uomini di Al-Fatah.

Dati gli ultimi avvenimenti in Libano e le recenti prove di forza di Hezbollah, si può dire che per Hamas questi mesi sono stati un’occasione fallita per acquistare consenso intorno all’area mediorientale.

Nicaragua vicino al populismo

Pericolo populista in Nicaragua. Ortega, leader sandinista storicamente legato a Fidel Castro e Mosca si appresta a salire al potere.

venerdì, novembre 03, 2006

Capezzone, un liberale scomodo

E così Capezzone da oggi pensa per se stesso. Formalmente infatti ieri, all’apertura del V congresso dei Radicali a Padova, è avvenuto il passaggio di consegne tra il golden-boy della politica radicale degli ultimi anni, e Rita Bernardini, compagna di mille battaglie e prossima a mettersi al comando della creatura di Marco Pannella. Sostanzialmente l’uscita di scena di Capezzone dovrebbe concretizzarsi quando saranno presentate le candidature al ruolo di segretario del partito e dove il nome dell’attuale segretario non sarà riproposto.

In questa uscita di scena tra mille polemiche per le litigate continue di questi giorni tra Marco e Daniele, è interessante sottolineare gli sbocchi futuri e il ruolo di Capezzone all’interno del partito. Ad un certo punto, dopo le accuse di ipocrisia e di poca umiltà, l’uomo preferito di Chiambretti deve aver pensato a un “balzo in avanti”. Anche se per un istante, la tentazione di mollare tutto, di uscire dal partito e di tirare avanti solo con le proprie forze forse ha prevalso sul senso di fedeltà che Capezzone prova verso Pannella, che lo ha cresciuto in questi anni di turbolenze politiche.

Perché non lasciare ad altri le battaglie radicali liberali libertarie? Perché magari non stare per conto proprio in attesa che si evolva la situazione politica? Questo deve avere pensato Capezzone, dopo l’ennesima accusa che gli rifilava Pannella. Proprio lui, Marco il distruttore, forse l’unico eccesso animalesco, in un animo garantista e puro come il suo, lo ha scaricato sul suo giocattolo che tante soddisfazioni gli ha dato in 50 anni di storia radicale. Forse vedere come un giovane trentenne alla riscossa si è mosso in questi mesi di governo Prodi, ha turbato Pannella, che si è visto rubare lo scettro di vip nei salotti televisivi e nei dibattiti dei giornali. Lui che ricordiamo incatenato a Roma, con un cartello al collo con la battaglia del momento, o smagrito dopo un mese di sciopero della fame, si è visto scivolare dietro la voglia di fare di un ragazzo cresciuto forse troppo presto.

Il radicale del XXI secolo alloggia a Markette nella fortunata trasmissione di Piero Chiambretti, da del fascista a Occhetto a Porta a Porta, e litiga con l’orco Ferrara a Otto e mezzo ben sapendo la stima che il direttore del Foglio prova nei suoi confronti. Pannella spodestato dicevamo, ma non solo attraverso il “tubo catodico”.

L’effetto Capezzone si è gettato anche nelle stanze di Montecitorio dove Daniele ha l’ufficio di Presidente della Commissione Attività produttive. E qui che ha proposto per il governo la famosa Agenda Giavazzi, o che ogni tre o quattro giorni di queste settimane turbolente per via della Finanziaria, tira fuori dal cilindro la “coalizione dei volenterosi”. Dalla vittoria di aprile dell’Unione alle politiche, se pensi alla Rosa nel pugno e nel loro piccolo ai Radicali, pensi all’attuale segretario e ai suoi intenti autenticamente riformisti. La Finanziaria “non mi piace” ha detto. Le manovre da grande fratello di Visco sull’evasione fiscale “ non mi sembrano giuste” ha rispolverato. Forse Pannella se ne è accorto che il liberale Capezzone stava diventando un liberale un po’ troppo scomodo. E così è arrivata la stangata e il blocco a una rielelezione a segretario del partito.

Motivazione ufficiale? Quella che non si può conciliare la posizione in Parlamento con la guida di un partito. Problemi in questi anni di segretariato? E’ calato il numero degli iscritti e il lavoro “ burocratico” non è stato sempre all’altezza del ruolo ricoperto. Forse è vero, forse no, ma ci sembra che le dichiarazioni di Capezzone in questi mesi abbiano lasciato il segno molto di più che qualche pagina mancante nel registro iscrizioni del partito.

Capezzone comunque rimane all’interno del partito. Le alternative valide sono due.

La prima che è che continui il suo lavoro alle attività produttive e che in un secondo momento all’avvento di nuovi scenari politici, ritiri fuori la testa dentro il partito e si riproponga di “forza” sulla scena.

La seconda alternativa è rimanere all’interno ma in opposizione, a un segretario come Rita Bernardini che si preannuncia assai più mansueto e docile verso le posizioni Pannelliane e Boniniane. La “spina nel fianco” dentro i radicali potrebbe comunque portare una ventata autenticamente liberale e riformista all’interno di un partito che fino ad ora forse non ha fatto la voce grossa come dovrebbe. Capezzone è davanti a questo bivio quindi: o ragiona per se stesso o cerca di crescere con le sue idee all’interno del partito.

Siamo comunque certi che qualsiasi cosa faccia, Capezzone ha avuto il merito in queste settimane di scaldare i cuori di chi crede nella politica del “fare”, lontana da ideologismi facili e retoriche assolute.